Numerose
le persone che sono intervenute giovedì 3 Dicembre al seminario tenuto dal prof
Cuozzo su Kafka; un grazie speciale va ai professori e ai tanti ragazzi
dell’Istituto B. Pascal di Giaveno. Abbiamo già avuto modo di conoscere l’anno
scorso il modo chiaro e appassionato con cui il prof. Cuozzo espone le proprie
argomentazioni. Il relatore ha sottolineato l’attualità del testo di Kafka, la
sua prosa infatti ci aiuta a comprendere il nostro mondo e quello che noi
siamo. Kafka è un lettore attento alle trasformazioni della realtà a lui
contemporanea (primi del 900) e non, come una certa critica corrente lo
descrive, un inetto, una persona distante dal mondo. Kafka come politico,
partecipò ai circoli anarchici di inizio secolo, denunciando la pandemia
burocratica che pervadeva la società, il taylorismo, la trasformazione
tecnologica e il conseguente controllo biopolitico sugli individui. W.
Benjamin, riferendosi al mondo di Kafka, lo definisce come un mondo dove la
legge vige senza significare, che comanda senza contenuto. Ancora oggi ci
troviamo in questa situazione: i percorsi della burocrazia limitano il potere
della nostra immaginazione, oggi più che mai infatti il concetto di utopia è
totalmente assente dalle nostre vite. Il racconto ‘La metaformosi’ inizia in
medias res, con il risveglio di un uomo qualunque che si ritrova trasformato in
insetto. Sia il risveglio che l’insetto sono dimensioni di confine. Il primo é
confine tra mondo onirico e mondo vigile sul quale ha presa la nostra
coscienza. Il sonno e il sogno ci fanno regredire ad uno stadio pre-umano,
regno degli istinti, e al risveglio dobbiamo essere prontissimi ad afferrare la
nostra vita, quella che abbiamo lasciato la sera precedente. Il secondo,
l’insetto, è il confine in cui la vita organica e la pura movenza meccanica si
confondono: al risveglio Gregor Samsa si ritrova con delle gambette sulle quali
la volontà non ha più alcuna autorità ma sono un meccanismo a sé stante,
puramente reattivo. In questo insetto/meccanismo c’è un’assonanza con la
fabbrica tayloristica. Infatti Gregor Samsa, risvegliandosi insetto, ha come
prima preoccupazione quella di non potersi recare al lavoro e prova un forte
senso di colpa! Il lavoro è percepito dal protagonista come una punizione, un
castigo. E’ una colpa ereditata dal padre il quale ha contratto un debito con
il suo datore di lavoro. Anche qui nuovamente i confini tra una responsabilità
personale e una responsabilità generazionale. Il corpo di Gregor è l’oggetto
dove tutto il disagio lascia una traccia indelebile: non vi è nessuna
redenzione, nessuna salvezza è prevista, la morte é l'unica soluzione. Nella
poetica kafkiana non c’è salvezza, la pena diventa espiazione ma senza
redenzione, il mondo è per Kafka "l’esito di una cattiva giornata di
Dio". Kafka intuisce che la società dei consumi, nella quale tutti siamo
trasformati in macchine di produzione in perenne corsa contro il tempo, porta
con sè una inevitabile rescissione dei legami vitali: se usciamo dalla catena
di montaggio veniamo abbandonati a noi stessi, sotto la soglia dell'umano.
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