giovedì 10 dicembre 2015

La metafora della corsa - Thomas Hobbes


Thomas Hobbes (15881679) filosofo e matematico britannico, ricordato in particolare per l'opera di filosofia politicaLeviatano”.
 
Nella sua opera “Elementi di legge naturale e politica, I, IX, 21, pp. 75-76” per rappresentare la vita usa una metafora di straordinaria efficacia: una corsa, priva di meta e senza nessun premio in palio se non quello della soddisfazione di essere sempre davanti

 
Lo sforzarsi, è l’appetito.
Il mancar d’energie, è
la sensualità.
Guardare gli altri che stanno dietro, è gloria.
Guardare quelli che stanno davanti, è
umiltà.
Il perdere terreno per guardarsi indietro, vanagloria.
L’essere trattenuti,
odio.
Tornare indietro, pentimento.
L’essere in fiato, speranza.
L’essere affaticato, disperazione.
Sforzarsi di superare chi sta immediatamente davanti,
emulazione.
Soppiantare o far cadere,
invidia.
Decidere di aprirsi a forza in un ostacolo visto davanti, coraggio.
Aprirsi a forza un varco in un ostacolo improvviso,
ira.
Aprirsi a forza un varco con facilità, magnanimità.
Perdere terreno per piccoli impedimenti,
pusillanimità.
Cadere all’improvviso, è disposizione al pianto.
Vedere un altro cadere, disposizione al riso.
Vedere sorpassato uno che non avremmo voluto, è
compassione.
Vedere uno, che non avremmo voluto, sorpassare gli altri, indignazione.
Seguir d’appresso un altro, è
amare.
Spingere colui che così segua d’appresso,
carità.
Farsi male per troppa furia, è vergogna.
Essere superato continuamente, è infelicità.
Superare continuamente quelli davanti, è felicità.
E abbandonare la pista, è morire.



1 commento:

  1. In questo tempo di paure diffuse e manipolate Hobbes mi richiama alla memoria la sua riflessine politica sulla paura come fondamento del legame sociale.
    Non la socialità naturale, contemplata dalla visione aristotelica, starebbe alla base della costruzione della società civile e dello stato, bensì la paura per non poter godere dei propri beni a causa di una morte violenta e precoce.
    Per Hobbes lo stato di natura è lo stato di guerra di tutti contro tutti, dal quale gli uomini decidono di uscire mediante un patto che richiede, affinché venga ad essere rispettato, la soggezione ad un potere assoluto dotato del monopolio della forza, capace di imporre il rispetto della legge mediante la paura.
    Insomma dal cerchio tetro della paura nessuno esce; si passa da una paura dissennata e anarchica che non consente alcun tipo di benessere ad una paura normata dal potere sovrano della legge. La paura domina nello stato di natura, ma è latente anche nel sistema di potere che garantisce internamente la pace e la crescita economica.
    Hobbes dice di aver avuto una sorella gemella che è la paura perché la madre lo mise al mondo prima del tempo in seguito alla notizia che l’Invincibile Armata stava per sbarcare sulle coste inglesi. Visse tutta la vita in un tempo segnato dai conflitti religiosi, dalla guerra civile e da profonde trasformazioni economico/sociali e ,con le dovute differenze, il suo tempo potrebbe assomigliare al nostro in cui alle tante paure per il futuro, per il terrorismo, si aggiungono anche i proclami degli imprenditori della paura. Stiamo scivolando gradualmente verso forme pericolose di limitazione delle libertà e dei diritti.
    In nome della sicurezza invocheremo anche noi un nuovo Leviatano? Quali volti potrebbe avere? Potrebbe essere questo un nuovo tema da porre alla nostra attenzione.

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