domenica 9 dicembre 2018

Sovranismo psichico - Rapporto Censis 2018


SOVRANISMO PSICHICO



Pochi giorni fai il Censis ha pubblicato la 52esima edizione del Rapporto sulla situazione economico/sociale del nostro Paese. I media hanno dato, giustamente, rilievo a quanto emerge da questa fotografia dello stato di “salute” dell’Italia e degli italiani. Una fotografia che ha un titolo, scelto dallo stesso Direttore del Censis: “sovranismo psichico”, a definire un Paese, e gran parte dei suoi abitanti, rinchiusi  su stessi, a difendere quel poco che resta di un benessere, non solo economico, ormai lontano nel tempo, e perciò, al termine di una parabola che ormai dura da diversi anni, sempre più “incattiviti”. Dal “rancore” evidenziato nel 2017 - in questo nostro blog citato nel commento al saggio “Le divergenze parallele” - si è infatti passati al sentimento che, secondo l’istituto di ricerca, più caratterizza gli italiani nel 2018: la “cattiveria”. Dal documento emerge, secondo il Censis, un Paese inacidito, più povero e più anziano, alla ricerca di un capro espiatorio dei propri guai su cui scaricare la “rabbia cattiva” cresciuta da quel “rancore” del 2017, al tempo indirizzato verso i “partiti”. Una cattiveria che dilaga sui social, che si manifesta in piccoli, ma non per questo meno gravi, diffusi gesti quotidiani di sgarbo, rifiuto e disprezzo, non più mascherati, verso i soggetti individuati, per l’appunto, come capri espiatori: gli immigrati. Questo incattivimento, ormai assurto a stato psichico, spiega, ed al tempo stesso caratterizza, un quadro d’insieme che è definito dal Rapporto del Censis con queste parole: “Il processo strutturale chiave dell’attuale situazione è l’assenza di prospettive di crescita, individuali e collettive”. Anche in questo caso, a supporto di queste constatazioni, riportiamo alcuni “dati”, fra i tantissimi che meriterebbero di essere evidenziati, convinti, come siamo e come abbiamo applicato in diversi nostri post, che i  numeri, le “quantità” diano compiutezza alla “qualità”

Immigrazione

·     il 63 per cento degli italiani vede in modo negativo l’immigrazione da Paesi non comunitari, mentre per i Paesi membri dell’Unione europea l’avversione scende al 45 per cento.

·     più ostili verso gli extracomunitari sono gli italiani più fragili: il 71 per cento degli over 55 anni e il 78 per cento dei disoccupati, mentre il dato scende al 23 per cento tra gli imprenditori.

·     il 58% degli italiani pensa che gli immigrati sottraggano posti di lavoro in Italia

·     il 63 per cento pensa che rappresentino un peso per il nostro sistema di welfare i

·     l 52 per cento è convinto che vengano prima gli immigrati in molti aspetti del welfare

·     solo il 37 per cento degli intervistati sottolinea l’impatto favorevole dell’immigrazione sull’economia nazionale

·     per il 75 per cento degli italiani l’immigrazione aumenta il rischio di criminalità

·     il 59,3 per cento è convinto che tra dieci anni nel nostro Paese non ci sarà un buon livello di integrazione tra etnie e culture diverse.

Sfiducia e chiusura

·     il 44,5 per cento degli italiani è pessimista sul futuro del Paese, mentre solo il 18,8 per cento si dichiara ottimista

·     secondo il 56,3 per cento degli intervistati, non è vero che le cose in Italia hanno iniziato a cambiare.

·     il 63,6 per cento è convinto che nessuno ne difenda interessi e identità e che quindi ci si debba pensare da soli.

·     il 69,7 per cento degli italiani non vorrebbe come vicini di casa dei rom.

·     il 69,4 per cento non vorrebbe a portata di occhio e udito persone con dipendenze da droga o alcol.

Ripresa lontana

·     l’Italia è il Paese dell’Unione europea con la più bassa quota di cittadini che affermano di aver raggiunto una condizione socio-economica migliore di quella dei genitori: il 23 per cento, contro una media Ue del 30

·     il 96 per cento delle persone con un basso titolo di studio e l’89 per cento di quelle a basso reddito sono convinte che resteranno nella loro condizione attuale, ritenendo irrealistico poter diventare benestanti nel corso della propria vita

·     in 17 anni il salario medio degli italiani è aumentato di 400 euro l’anno, ossia 32 euro mensili se calcolati su 13 mensilità. In Francia nello stesso lasso di tempo si sono trovati oltre 6 mila euro in più l’anno, in Germania quasi 5 mila.

·     il potere d'acquisto degli italiani è inferiore del 6,3% in termini reali rispetto a quello del 2008, ma soprattutto il problema è il timore di spendere anche quello che si ha, infatti la liquidità ferma cresce, nel 2017 superava del 12,5% quella del 2008. Ma a spendere meno sono gli operai e chi sta peggio, nelle famiglie di imprenditori la spesa per consumi tra il 2014 e il 2017 è aumentata del 6,6%.

·     si investe sempre meno in formazione: investe poco lo Stato, si ritrae anche il cittadino. L'Italia investe infatti il 3,9% del Pil, mentre la media europea è del 4,7%. Investono meno di noi solo Romania, Bulgaria e Irlanda

·     i risultati si concretizzano in un tasso di abbandoni precoci dei percorsi di istruzione del 18% dei giovani tra i 18 e i 24 anni, quasi doppio rispetto a una media europea del 10,6%, nelle basse performance dei quindicenni italiani nelle indagini Ocse-Pisa, e in 13 punti percentuali di distanza che ci separano dal resto dell'Europa in relazione alla quota di popolazione giovane laureata. I laureati italiani tra i 30 e i 34 anni raggiungono il 26,9%, contro una media Ue del 39,9%.

·     le speranze dei giovani si stanno a poco a poco concentrando altrove: la metà della popolazione italiana è convinta che oggi chiunque possa diventare famoso, e il dato sale al 53,3% tra i giovani tra i 18 e i 34 anni. E un terzo ritiene che la popolarità sui social network sia un elemento indispensabile per arrivare alla celebrità.

·     d'altra parte tra il 2007 e il 2017 gli occupati giovani, di età compresa tra 25 e 34 anni, si sono ridotti del 27,3%, mentre nello stesso tempo gli occupati tra i 55 e i 64 anni sono aumentati del 72,8%.

·     in dieci anni siamo passati da un rapporto di 236 giovani laureati occupati ogni 100 anziani a 99. E nel segmento di lavoratori più istruiti i 249 laureati occupati ogni 100 lavoratori anziani sono diventati appena 143.

·     mentre sono aumentati i giovani in condizione di sottoccupazione, nel 2017 erano 237.000 tra i 15 e  i 34 anni, un valore raddoppiato rispetto a sei anni prima. Aumentano anche i giovani lavoratori con part-time involontario, che passano a 650.000 nel 2017, 150.000 in più rispetto al 2011.

Politica ed Europa

·     Quasi un terzo degli italiani non vota, o vota scheda bianca. Indifferenza e sfiducia nei confronti della politica sono aumentati negli anni, e quest'anno si è raggiunto il picco, con una percentuale del non voto che ha raggiunto il 29,4%. Significa 13,7 milioni di elettori mancati alla Camera e 12,6 milioni al Senato alle ultime elezioni politiche.

·     per il 49,5% degli italiani i politici sono semplicemente tutti uguali, cos’ la  pensa il 73 dei giovani under 35.

·     scarsa anche la fiducia nell'Europa, atteggiamento comune a tutti i Paesi in crisi. Ma il 58% dei 15-34enni e il 60% dei 15-24enni apprezza l'Unione, soprattutto per la libertà di viaggiare, studiare e lavorare ovunque all'interno dei Paesi membri.

·     alla vigilia delle Europee 2014, nel mezzo della crisi economica, i cittadini dei 28 Stati che dichiaravano di avere fiducia nell'Ue erano il 31%, ovvero 11 punti in meno del valore registrato nella primavera di quest'anno (42%).

·     nei Paesi in cui è elevata la fiducia nell'Ue e contemporaneamente è positivo il giudizio sulla situazione del proprio Paese si è registrata una forte risalita post-crisi, con una variazione del Pil nel periodo 2012-2017 che oscilla tra il +55,3% in termini reali dell'Irlanda e il +4% della Finlandia.

·     al contrario, nel gruppo di Paesi in cui la fiducia nell'Europa è bassa, anche il giudizio sulla situazione interna è negativo: tra questi figura l'Italia, insieme a Francia, Regno Unito, Spagna e Grecia.

·     in questo gruppo, la paura della disoccupazione attanaglia l'83% dei cittadini greci e il 69% degli italiani, contro una media europea solo del 44 per cento.

Un Paese di single

·     dal 2006 al 2016 i matrimoni sono diminuiti del 17,4% e le separazioni sono aumentate del 14%.

·     le persone sole non vedove negli ultimi dieci anni (dal 2007 al 2017) sono aumentate del 50% e oggi sono più di 5 milioni.

Media

·     Telegiornali e Facebook sono ancora in vetta nella graduatoria dei media che gli italiani utilizzano per informarsi, ma mentre i telegiornali rafforzano la loro funzione (la loro utenza passa dal 60,6 per cento del 2017 al 65 per centi del 2018), nell’ultimo anno Facebook ha subito una battuta d’arresto (-9,1 per centi di utenza a scopi informativi) dovuto anche a un calo di credibilità dal punto di vista dell’informazione.

·     Il calo ha coinvolto anche YouTube (-5,3 per cento), Twitter (-3 per cento) e la rete in generale (i motori di ricerca hanno perso il 7,8 per cento di utenza a fini informativi).

·     la televisione e la radio sono nettamente preferite alla carta stampata per informarsi: numerosi sono gli utenti delle tv all news (22,6 per cento) e dei giornali radio (20 per cento), mentre solo il 14,8 per centi degli italiani ha letto i quotidiani cartacei negli ultimi sette giorni per informarsi.

·     nella parte inferiore della graduatoria si collocano invece i siti web d’informazione: solo il 42,8 per cento degli italiani li considera credibili. Ultimi in classifica i social network, ritenuti non del tutto affidabili dal 66,4 per cento degli italiani.

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