martedì 22 dicembre 2015

"Violenza e Islam" - Libro di Adonis (consiglio di lettura di Giancarlo Fagiano)


Sollecitati, in modo purtroppo tragico, a meglio comprendere la cultura islamica molti di noi stanno, faticosamente, cercando voci, racconti, esperienze, storie, analisi che aiutino in questo percorso di conoscenza. Con non poche difficoltà: il mondo islamico è molto variegato, presenta intrecci e sovrapposizioni complicate, difficile, forse impossibile e metodologicamente sbagliato, tenere distinti gli aspetti storici, sociologici, culturali e religiosi. Appare in particolare evidente che non si può “capire” se non si riconosce alla religione dell’Islam il ruolo di perno centrale che indubitabilmente essa ricopre. Si impone quindi, assieme ad altri approfondimenti, uno sforzo di conoscenza dei fondamenti religiosi islamici, fatto coniugando il dovuto rispetto con obiettività laica di giudizio. Una sorta di fantasma, buono, aleggia nelle tante discussioni che, a vari livelli, si sono avviate in modo diffuso: l’Islam moderato. Il doveroso scrupolo di non identificare automaticamente pratiche e concezioni radicali con l’intero mondo islamico, in contrasto con alcune becere affermazioni strumentali, induce alla ricerca del conforto di testimonianze che attestino la consistenza, la diffusione, la validità, del cosiddetto Islam moderato. Una ricerca che, come la conoscenza più ampia di cui si è detto, deve prendere in considerazione situazioni ed elementi storici, culturali, sociali e politici. E, in coerenza con quanto sopra, convinzioni religiose. Occorre, in questo quadro, dare per scontata la presenza di voci discordanti, di analisi divergenti, di opinioni anche fortemente contrastanti. Potremmo anche qui, in questo blog, fornire qualche aiuto per questa ricerca. Personalmente, dopo altre letture troppo legate a risvolti immediati, propongo un agile libro che mi sta fornendo interessanti spunti di riflessione. Sto parlando di “Violenza ed Islam” di Adonis (in conversazione con Houria Abdelhouahed, psicanalista docente all’Università Paris Diderot) recentemente uscito per i titoli di Guanda. Adonis è da molti decenni considerato uno dei più grandi poeti viventi. Forse in una cultura come quella islamica così fortemente basata sulla “parola” la sensibilità di un poeta può essere un efficace filtro analitico. Peraltro non mancano ad Adonis profonde conoscenze da saggista che da sempre (vedi la brevissima nota che segue) lo fanno muovere con ruolo da protagonista nel mondo culturale arabo. E’ una lettura che consiglio e che, se ce ne sarà occasione, potrebbe aprire un dibattito in questa sede ed essere lo spunto per altri approfondimenti e altre letture

[Adonis,  poeta e saggista siriano, attivissimo nel dibattito politico-culturale, estetico e filosofico del mondo arabo, è tra i fondatori del gruppo Tammuzi (nome di una divinità babilonese) che punta alla rinascita culturale araba, rileggendone il patrimonio (sia quello islamico che quello del Vicino Oriente antico) in una chiave non nazionalistica o religiosa, ma di apertura alla modernità. (estratto sintetico da Wikipedia)]

3 commenti:

  1. Ho terminato la lettura del libro di Adonis. Impossibile farne una sintesi analitica. Si tratta di un dialogo a due con Houria Abdelouahed e, come tutti i dialoghi, l’esposizione è inframezzata e altalenante. Emergono comunque chiaramente tre aspetti: la complessità di lettura del Corano, testo costituente l’Islam, che, consegnato in sogno da Allah, tramite l’Arcangelo Gabriele, a Maometto, l’ultimo dei profeti, come “culmine” della parola divina, e quindi come testo completo ed immutabile, è, sempre per volontà divina, scritto in arabo, in forma poetica, quasi musicale. Nessuna traduzione in nessuna lingua può rendere questo aspetto fondamentale per la sua lettura. Adonis, che possiede una straordinaria conoscenza ed un amore profondissimo per la lingua araba, deplora la progressiva perdita del “senso poetico” del testo coranico dovuta alla funzione “dogmatica” che si è storicamente imposta. Il secondo aspetto è la innegabile presenza nel testo coranico di molte affermazioni indiscutibilmente violente, verso i miscredenti, gli infedeli, i peccatori, gli “altri”. Adonis lo spiega con la stretta connessione del testo alle esigenze e finalità di conquista del potere presenti nell’Islam delle origini. Il terzo aspetto che Adonis evidenzia è il persistere del peso, marcato ed ingombrante, di questa originaria impronta sull’intera storia dell’islam fino ai nostri giorni, fino alla mancate “primavere arabe”, fino alle odierne forme violente del radicalismo. Adonis e Abdelouahed annunciano che, a questa primo lettura “politica”, faranno seguito con un secondo saggio in cui la violenza nell’Islam verrà esaminata dal punto di vista filosofico e psicanalitico. Lettura non semplice ma interessante quella di questo primo saggio. Mi ha confermato nell’opinione che tutti noi, osservatori inevitabilmente esterni, tendiamo a semplificare giudizi ed aspettative; invochiamo l’affermarsi di un islam moderato come se fosse una semplice opzione “politica” giocabile solo sul piano della volontà di metterla in atto. Appare al contrario evidente la difficoltà di una “rilettura” del Corano, passaggio ineludibile visto il suo ruolo fondante; in grado di “storicizzare” le parti “violente” del testo, e di recuperare, fra l’altro, l’anima poetica così cara ad Adonis. Non sembra, anche nell’opinione di Adonis, un passaggio semplice ed immediato. La partita si gioca tutta nel campo islamico. L’Occidente può solo, e sarebbe già del suo gran cosa, evitare i tanti errori, di egemonismo coloniale, finora commessi e predisporsi, anche tramite una maggiore e migliore conoscenza della cultura islamica, ad un dialogo che aiuti un processo non dissimile da quello di secolarizzazione della nostra cultura. Conoscere meglio, con le difficoltà dette, il testo coranico è un passaggio quasi doveroso per chi, come Circolarmente, intende la cultura come veicolo del dialogo diffuso e dell’impegno civile. Seguono in un altro post alcuni consigli per chi vorrà in questo cimentarsi. Ultima nota: strano che io abbia scritto di queste cose in giorni di feste cristiane? Non credo, certo con lo è per me, per il mio accostarsi laico ed agnostico, ma credo rispettoso, ai temi della fede, di tutte le fedi.

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  2. Ho appena finito di leggere il libro di Adonis. E’ un testo molto interessante, ricco di spunti di discussione. A mio avviso il dialogo tra Adonis e la psicanalista Abdelouaheb è molto fluido e a tratti ho letto il libro senza porre attenzione alla dinamica interna fra le due voci del testo. Tantissimi i temi affrontati (la concezione della donna, della cultura, della poesia, della violenza, della religione, della lingua nel mondo arabo), con riferimenti non solo alla vita politica del suo paese ma anche alla sua vita personale. Verso la società araba islamizzata Adonis è estremamente “tranchant”, la condanna è netta senza possibilità di appello.
    Sin dall’inizio del libro Adonis sostiene infatti che non esiste alcuna cultura specificatamente “araba" perché il musulmano vede il mondo con gli occhi della religione islamica che secondo lui è intrinsecamente dogmatica e violenta e serve ai regimi arabi per lasciare le popolazioni nell'ignoranza e nel pregiudizio. La poesia e la cultura non sono compatibili con l’islam, infatti non esiste, nell’arco degli ultimi quattordici secoli, un solo poeta o filosofo che abbia creduto nell’islam! Il mondo arabo è decadente: “Gli arabi non sono riusciti a creare uno stato, né a instaurare una cittadinanza (….) nel mondo contemporaneo gli arabi sono assenti. E’ la morte.”
    Leggendo tali opinioni, sinceramente sono rimasta un po’ ‘basita’, e provo pertanto il bisogno di confrontarmi con altri testi.

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  3. Questo libro ha suscitato in me sentimenti decisamente ambivalenti. Muovendosi infatti come una sorta di straniero rispetto ad un mondo a cui per nascita appartiene, il poeta siriano ha sicuramente acquisito, nel distanziamento, una capacità di cogliere nessi e permanenze non sempre visibili da chi è immerso in esso, perdendo nondimeno una certa profondità di campo, cioè quell’attitudine a cogliere differenze e sfumature di significato che solo il vivere in situazione comporta. Così, l’islam che ci viene presentato viene sottoposto nel suo discorso ad una caratterizzazione netta ma alquanto “geometrica”, dove tutto si tiene (cosa che nella vita vera non succede mai): un mondo pietrificato da una rivelazione considerata ultimativa, sacra e indiscutibile, in cui solo la ripetizione è consentita all’uomo deprivato di ogni potere creativo; un mondo pensato per soddisfare le esigenze di conquista e di possesso del maschio della specie, a cui viene additato come non solo giusto ma necessario l’imperio sulle nazioni e sulle donne, considerate entrambe alla stregua di territori da bonificare e fecondare; un mondo, infine, privo di un’autentica tensione spirituale, perché anche l’aldilà non si configura come il luogo in cui si potrà godere della presenza infine accessibile del divino, ma come un alquanto banale benché lussureggiante (e lussurioso) giardino, dove il godimento sarà assicurato da molte terrene delizie.
    Ma è davvero così? Non c’è nient’altro, in questo islam in cui la sottomissione al divino, per Adonis, è solo da intendere come sudditanza privativa di ogni umana soggettività e non – come pure sarebbe possibile anche immaginarla, uscendo dal significato troppo stretto a cui il nostro percorso culturale ci confina - come ricerca di aderenza al progetto divino e unione profonda con esso, non alternativo alla libertà ma suo complemento?
    Può sembrare strano, ne convengo, che una persona come me, non aderente ad una specifica fede religiosa, consideri queste prospettive: del resto sforzarsi di entrare in altre menti significa uscire almeno in parte dalla propria, e credo pertanto che altre visioni più illuminate della religione islamica siano possibili, e tuttora presenti. Che poi questo mondo complesso abbia ora, in modo certo accentuato e anche profondamente preoccupante per tutti noi, una forte difficoltà a tenere insieme fede e libertà, testo sacro e mondo, è innegabile (è di ieri la notizia che il Gran Muftì dell’Arabia Saudita ha emesso una fatwa contro il gioco degli scacchi, considerato, per imperscrutabili motivi, come fonte di allontanamento dalla fede e istigatore all’odio: notizia questa non meno spaventevole di altre, perché la stupidità fa paura come la violenza, e la precede). Pur tuttavia, pensarlo come un monolite ottuso a cui hanno dato nei secoli luce solo quanti ne sono stati perseguitati mi sembra eccessivo, come intenderli come necessariamente non musulmani nel proprio intimo (qui davvero il discorso di Adonis rischia il determinismo antireligioso, non meno pericoloso di quello razziale, e la psicoanalista con cui dialoga avrebbe dovuto segnalargli la fallacia argomentativa e i meccanismi psicologici sottostanti…).
    Vale comunque la lettura, questo testo, perché fa riflettere, pone temi importanti, e se pure ci sono oltre a quelle che ho già indicato altre affermazioni che mi sembrano alquanto superficiali e ingiuste (l’idea che solo la poesia, l’arte e la scienza siano i luoghi privilegiati delle domande, mentre il pensiero religioso possa solo chiuderci nelle sue risposte), ci sono pagine di grande intensità e certo condivisibili in cui Adonis esprime la sua profonda fiducia nel potere creativo dell’uomo e della donna, e nella possibilità che essi davvero riescano sempre più, in un orizzonte di libertà, a dare vita ad una storia evolutiva di saperi non disgiunti dalla bellezza.

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