martedì 26 gennaio 2016

Dopo la "lettura" de "Il Capitale nel XXI secolo" di Thomas Piketty - Commento di Massima Bercetti


Giovedì pomeriggio Giancarlo Fagiano, membro del direttivo di CircolarMente, ha presentato al nostro pubblico il testo di Thomas Piketty “Il capitale del XXI secolo”. Con grande modestia si è presentato come un semplice lettore, ma l’esposizione è stata rigorosa e accattivante. La relazione è stata condotta con grande capacità comunicativa, in coerenza con l’intento dello stesso autore che ha voluto intenzionalmente rivolgersi non solo ad un pubblico di addetti ai lavori aprendo le sue riflessioni, come raramente avviene nei testi di economia, alle scienze sociali e in alcuni casi anche alla letteratura. Il libro, che illustra le dinamiche del capitalismo negli ultimi tre secoli, ha registrato un grande, inaspettato successo di pubblico anche tra i non addetti ai lavori probabilmente perché, a partire dalla messa al centro del fenomeno delle crescenti disuguaglianze, ha toccato un nervo scoperto interno alle grandi narrazioni neoliberiste e ha indicato una terza via riformista, interna allo stesso capitalismo, collocata tra la prospettiva neoliberista, che ha prodotto i guasti con i quali facciamo i conti, e la prospettiva rivoluzionaria, che storicamente ha fornito delle pessime prove. I teorici del neoliberismo sostengono che la crescita economica, indipendentemente dalle disuguaglianze, genera ricchezza diffusa. Secondo Piketty non è così, in quanto una migliore distribuzione della ricchezza si è realizzata esclusivamente nel trentennio tra il 45 e il 75, a causa della coincidenza di diversi fattori quali: la ricostruzione postbellica, la crescita demografica, l’esistenza di un modello economico alternativo rappresentato dall’ URSS, ruolo dei sindacati, mentre a partire dagli anni 80, ovvero dalla messa in pratica delle politiche neoliberiste, le disuguaglianze sono aumentate tanto che, se non si porrà un freno, il XXI secolo tornerà ad essere contraddistinto dalle stesse condizioni di disuguaglianza di inizio novecento. Un combinato di bassa crescita economica e di bassa natalità farà sì che la ricchezza da capitale si concentrerà, mediante i meccanismi dell’eredità, tanto da diventare sempre più dirimente, rispetto ai redditi da lavoro, nella gestione delle singole esistenze.
Se teniamo inoltre presente il restringimento delle possibilità lavorative offerte ai giovani, usando il linguaggio di Marx si potrebbe ben dire che il lavoro morto condizionerà pesantemente quello vivo limitando fortemente, come già accade, la mobilità sociale.
Piketty, che fin qui si è mosso mostrando esclusivamente dei dati di ordine economico, completa l’opera individuando nella leva della fiscalità lo strumento che dovrebbe consentire di contrastare la tendenza in atto. Parte questa che non abbiamo avuto tempo nel pomeriggio di affrontare, per cui ci proponiamo di ritrovarci a breve per concludere e lasciare spazio alla discussione. Come è emerso nel confronto il libro di Piketty mostra una linea di tendenza, che ha il pregio di essere suffragata da una gran mole di dati. Certo l’autore non dice nulla sulle variabili di ordine politico/ambientale/sociale lasciando la discussione e la valutazione alla classe dirigente politica, ma anche a quella parte, purtroppo sempre più modesta, che pensa di poter contare un poco all’interno dei tortuosi processi della società civile.

1 commento:

  1. Riprendo le ultime righe del commento di Massima: il testo di Piketty, al di là del valore intrinseco de “Il Capitale nel XXI secolo” e delle opinioni che si possono avere nel merito, offre a chiunque ….. pensa di poter contare un poco all’interno dei tortuosi processi della società civile……occasioni e spunti per riflettere sulle tante questioni che la modernità attuale, così condizionata dalla globalizzazione, pone a tutti noi. Come primo passo in questo senso, in questo Blog di Circolarmente, mi limito a segnalare un libro di recente uscita: “Destra e sinistra. Addio” di Maurizio Pallante. La breve presentazione tratta dalle note di copertina del libro stesso, che qui segue, fa già bene intendere il collegamento con le tematiche aperte dalla “lettura” collettiva del saggio di Piketty. Anche in questo caso ciò che più conta non è l’approvazione o meno delle tesi anticipate, ma cogliere lo spunto per ulteriori riflessioni. Con la stessa motivazione e finalità rimando inoltre al breve saggio, anche questo a firma di Maurizio Pallante, “Rompere il cerchio crescita e migranti” pubblicato in un post a sé stante
    …………………………………………
    Di destra e sinistra, per designare due schieramenti politici contrapposti, si parlò per la prima volta alla Convenzione del 1792. Da allora queste due parole indicano chi ritiene che le diseguaglianze tra gli esseri umani siano un dato naturale non modificabile (la destra), e chi pensa che abbiano un’origine sociale e possano essere attenuate (la sinistra). Il confronto politico tra destra e sinistra si è però svolto sulla base di una comune valutazione positiva del modo di produzione industriale, che entrambe hanno considerato un progresso perché causa di una crescita economica senza precedenti (anche se, ovviamente, destra e sinistra si sono divise riguardo ai modi di distribuirne i benefici). La Storia ha dimostrato che le politiche della destra sono più efficaci per far crescere l’economia e la competizione si è chiusa a suo favore con l’abbattimento del muro di Berlino nel 1989. Ma quella della sinistra non è la sconfitta dell’idea di uguaglianza, bensì di una sua particolare interpretazione storica. In questo libro si sostiene che se si abbandona l’ideologia della crescita è possibile ridare forza all’impegno per una maggiore equità tra gli esseri umani. A tal fine occorre avviare una decrescita selettiva della produzione sviluppando innovazioni tecnologiche che accrescano l’efficienza nell’uso delle risorse e attenuino l’impatto ambientale dei processi produttivi, perseguire l’autosufficienza alimentare valorizzando l’agricoltura di sussistenza, superare l’antropocentrismo estendendo l’equità a tutti i viventi, ridurre la mercificazione e l’importanza del denaro, riscoprire i beni comuni e le forme di scambio basate sul dono e la reciprocità, superare il materialismo e valorizzare la spiritualità. Dall’analisi dell’enciclica Laudato si’ Pallante deduce che, probabilmente, questa rivoluzione culturale è iniziata……..

    RispondiElimina