giovedì 8 marzo 2018

Capitalismo e tecnologia - sintesi breve saggio di Carlota Perez a cura di Giancarlo Fagiano


Capitalismo e tecnologia

L’influenza della tecnologia sul mondo dell’economia è da sempre rilevante.
La possibilità di modificare sistemi di produzione, di distribuzione, di informazione, e quella di introdurre nuove tipologie di prodotti sono strettamente connesse con le scoperte scientifiche e la loro traduzione in tecnologie applicabili.
L’innegabilità di questa relazione non ha però prodotto una adeguata riflessione sul “governo” dei conseguenti processi di modifica in campo economico e produttivo. Gli imprenditori valutano il ricorso alle innovazioni tecnologiche esclusivamente nei termini dei benefici su costi e ricavi, lavoratori e sindacati seguono con comprensibile apprensione l’adozione di novità tecnologiche valutandole come impatto, magari negativo, su occupazione e modalità di lavoro, la politica interviene, quando interviene, semplicemente per tamponare le eventuali ricadute problematiche tradendo di fatto i tanti retorici richiami all’importanza di ricerca ed innovazione, viste in buona misura come soluzioni fideistiche non accompagnata da un adeguata conoscenza della loro reale rilevanza ed impatto.
Altrettanto insufficiente è però anche l’analisi del fenomeno da parte delle teorie economiche, che troppo spesso si limitano a registrare, a posteriori, l’avvenuta ricaduta sui processi economici.  Manca nel campo del dibattito economico, anche accademico, una adeguata analisi dei meccanismi di fondo del rapporto fra novità tecnologiche e processi economici ed è assente una teoria economica specifica basata sulla “storia” del fenomeno.
Il breve saggio, di cui presentiamo qui di seguito una sintesi, denuncia questo insufficiente approccio al tema, propone alcune ipotesi analitiche di ricostruzione storica e, su questa base, individua alcune prospettive legate alle attuali condizione dell’economia di mercato. Inoltre tenta di collegare questa maggiore e migliore consapevolezza della reale incidenza della tecnologia sull’’economia per prefigurare un “capitalismo” adeguato a fronteggiare la sfida del degrado ambientale e dei limiti di risorse del pianeta, incidendo al contempo sulle cause della crescente disuguaglianza economica globale.
Si tratta ovviamente di opinioni, e come tali condivisibili o no, ma sicuramente quanto Carlota Perez scrive in questo suo breve saggio offre interessanti spunti di riflessione.

CAPITALISMO,TECNOLOGIA ED UN’ETA’ DELL’ORO A LIVELLO GLOBALE
IL RUOLO DELLA STORIA PER CONTRIBUIRE A DISEGNARE IL FUTURO
Saggio contenuto nel libro “Ripensare il capitalismo” a cura di M.Mazzucato e M. Jacobs (edizioni Laterza – Aprile 2017) di Carlota Perez (Professoressa di Sviluppo Internazionale presso la London School of Economics)


Introduzione:

Si assiste, attorno al tema del rapporto fra tecnologia e innovazione in economia, ad un dibattito più ideologico che attento agli aspetti concreti della questione.
Manca una adeguata interpretazione storica dell’innovazione e delle interazioni che genera nell’economia. E’ indispensabile ed urgente recuperare questo gap esaminando, a partire dalla prima rivoluzione industriale, gli incrementi di produttività determinati dalle novità tecnologiche, sia quelle che incidono sul “processo” produttivo sia quelle che consentono innovazioni di “prodotto”.
Al tempo stesso anche per la consolidata e motivata convinzione dell’esistenza di un conflitto insanabile tra potenzialità di crescita e tutela dell’ambiente manca, per dare sostanza al dibattito in materia, una adeguata analisi del reale rapporto fra questi due aspetti. In particolare, per centrare meglio la questione sulle prospettive attuali, manca una analisi di dettaglio della relazione fra potenzialità tecnologiche, già oggi disponibili e attivabili, ed il loro reale impatto sull’ambiente.
Occorre recuperare anche questo secondo gap; ed ancora una volta la strada maestra è quella di capire cosa è successo nel passato, di assumere la storia come maestra; c’è quindi l’urgente necessità di …… comprendere i processi del progresso tecnico e i modi in cui storicamente le nuove tecnologie sono state assimilate e plasmate……

La storia delle rivoluzioni tecnologiche

Gli studi più recenti in materia hanno permesso di capire che il processo tecnologico, lungi dall’essere lineare e continuativo, procede per balzi e svolte radicali.
E’ opinione ormai condivisa che a partire dalla seconda metà del 1700 siano state ben cinque le “grandi rivoluzioni di sviluppo”:
·      la prima è ovviamente la prima rivoluzione industriale che convenzionalmente si fa iniziare dal 1770, tecnologicamente caratterizzata dall’uso intensivo dell’energia idrica grazie al sistema dei canali
·      la seconda avviene nel 1820 con l’avvento su grande scala del carbone, del vapore, del ferro, del treno
·      nel 1875 altra svolta importante, inizia l’era dell’acciaio, dell’energia elettrica pesante, della chimica, della prima vera globalizzazione grazie ai collegamenti ferroviari transnazionali e a quelli marittimi fra continenti
·      nel 1908 il lancio della Ford modello T sancisce simbolicamente l’avvio dell’epoca dell’automobile, del petrolio, della plastica, della diffusione capillare dell’energia elettrica, della produzione in serie, del consumismo progressivamente di massa
·      infine nel 1971, anno in cui Intel lancia il suo microprocessore, prende avvio l’epoca attuale, quella delle tecnologie della comunicazione, dell’informazione e della comunicazione
L’elemento che accomuna queste cinque svolte non consiste solo nella novità intrinseca della nuova tecnologia che entra in scena, ma soprattutto nel fatto che essa comporta un aumento di produttività a livello dell’intera economia….il risultato è un “cambio di paradigma tecno-economico” che conduce ad una trasformazione profonda delle modalità di lavoro e consumo, modificando lo stile di vita e le aspirazione della società intera……

Un modello di diffusione regolare

Ognuna di queste rivoluzioni ha caratteristiche specifiche, ma l’analisi del loro impatto consente di individuare alcuni aspetti che ricorrono ogni volta.
Le modalità con le quali l’economia di mercato ha recepito ed utilizzato la svolta tecnologica sono, in tutte e cinque i caso, riconducibili a due fasi distinte: installazione e dispiegamento.
La seguente tabella aiuta a capire questa evoluzione in due fasi:


Fase                                        installazione
Punto di                       svolta
Fase dispiegamento

Tecnologia e paese chiave
Bolla                         prosperità
Recessioni
Età dell’oro
1770
Energia idrica Inghilterra
Rete canali
1793-1797
Il grande balzo inglese
1820
Vapore e ferrovie          Inghilterra
Febbre ferrovie
1848-1850
Boom epoca vittoriana

1875
Acciaio e infrastrutture    Inghilterra – USA - Germania
Sviluppo accelerato infrastrutture terrestri e collegamenti marittimi
1890-1895
Belle Epoque                   (Europa)                     Progressive Era               (USA)
1908
Petrolio, automobili, fordisno              USA
Auto, radio, elettricità diffusa

Europa           1929-1933        USA                 1929-1943
Età dell’oro dopoguerra                     i gloriosi trenta
1971
Informatica         USA
Febbre Internet, finanziarizzazione
2008 - ????
Età dell’oro globale???

In generale il primo periodo, quello dell’installazione, è caratterizzato dall’alleanza fra imprenditori emergenti, quelli che hanno adottato le nuove tecnologie, e capitale finanziario, una alleanza che erode il potere consolidato dei centri di potere del paradigma precedente, e che trasforma in “normali” processi, metodologie e aspettative fino a quel momento giudicate impensabili. Lo fa anche a prezzo di paralleli processi, da esso stesso attivati, di sconvolgimenti e adattamenti sociali, cambiando anche la stessa geografia economica: alcune aree decollano altre si ridimensionano. Il nuovo paradigma esce comunque dalla nicchia e diventa dominante, ma a prezzo di una sua instabilità strutturale
Forte del ruolo giocato nell’alleanza innovatrice il capitale finanziario (quasi sempre lasciato libero di agire) diventa sempre più speculativo, potendo contare sulle notevoli risorse accumulate nella fase di dispiegamento e, seguendo traiettorie interne di investimento, si spinge oltre i limiti reali di mercato fino a creare un “disaccoppiamento” con l’economia reale che pure ha contribuito a creare……in passato come adesso ogni fase di installazione è culminata in una grande bolla speculativa seguita da un grande crac……(vedere tabella).
Questo crac, cui si accompagnano ovvie tensioni sociali, crea le condizioni, in una prima fase politiche e poi economiche, per una fase di crescita più armonica di quella sfociata nella bolla, ma perché ciò avvenga…..normalmente si ha una fase di regolamentazione della finanza per farla tornare al servizio dell’economia produttiva…..

Perché oggi ci troviamo in una fase equivalente agli anni Trenta e Quaranta

Per “governare” la decisiva fase di ingresso nella fase di dispiegamento è’ fondamentale tenere presente che il crac, sicuramente fatto esplodere dalla speculazione finanziaria, è però intimamente legato ai cambiamenti strutturali che il nuovo paradigma, reso possibile dalla tecnologia, ha prodotto. Un prezzo da pagare per la “rivoluzione” messa in atto.
Una rivoluzione che, generata dall’intreccio virtuoso di più fattori, in estrema sintesi, vince perché consente una riduzione dei costi di produzione con conseguente aumento della redditività, ovvero l’apertura di nuovi mercati, ovvero ancora l’introduzione di nuovi prodotti.
Una rivoluzione vittoriosa che sa, in aggiunta, estendersi ad altri settori generando così un balzo in avanti dell’intera economia.
Ma sarebbe un errore grave, testimoniato dalle molte potenziali svolte tecnologiche che non hanno generato né la fase di installazione e tanto meno quella di dispiegamento, ritenere che tale rivoluzione …….sia predeterminata ed automaticamente definita dalle (sole) tecnologie….storicamente è sempre stata la risultante di un insieme di fattori che comprendono l’intuizione imprenditoriale, il contesto sociale e culturale, gli stili di vita che ne conseguono, e, last but not least, la capacità della politica, e dell’ideologia che la sostiene, di intuire le potenzialità attivabili e di assisterle con interventi pubblici adeguati.
La sola tecnologia dell’auto, ad esempio, non sarebbe stata vincente se i governi dell’epoca non l’avessero assecondata con la massiccia infrastrutturazione autostradale.
Non solo: l’auto, e con essa la produzione di serie, la plastica, l’avvento degli elettrodomestici (il cui uso fu reso possibile, così come nel caso delle autostrade, dalla creazione delle rete elettrica diffusa), di fatto implicavano stili di vita nuovi e innovativi. Anche per questo aspetto la parte del “pubblico”, della politica, fu determinante con l’avvio dello stato sociale, affermatosi poi compiutamente nel secondo dopoguerra, e quindi con le politiche di estensione dell’istruzione, dell’assistenza sanitaria, di livelli salariali adeguati, di riconoscimento del ruolo dei sindacati nell’affrontare le problematiche della disoccupazione, e via di questo passo.
Se questa combinazione di fattori, ovviamente calibrata al contesto specifico, si è realizzata in tutte le fasi di dispiegamento delle rivoluzioni in esame, per restare all’esempio, quello più calzante, della quarta rivoluzione, essa divenne definitivamente vincente…….grazie alle idee e misure audaci come quelle portate avanti da Keynes, Roosevelt e Beveridge….
Tornando alla attuale rivoluzione industriale appare evidente che la crisi della bolla ed il crac del 2008 presentano le stesse caratteristiche di processo in corso, lo stesso quadro nel quale, negli anni trenta e quaranta, la politica rese possibile la completa realizzazione della fase di dispiegamento.
Ciò significa che, dopo che gli altri fattori necessari hanno svolto il loro ruolo consentendo la fase di installazione, sta nelle mani della politica la possibilità di compiere il passo decisivo.
…….negli ultimi vent’anni la tecnologia informatica ha introdotto una raffica di prodotti nuovi, un cambiamento dei modelli di consumo…ma restano potenzialità enormi per innovazioni già praticabili sul piano tecnico ma ancora troppo rischiose in termini di mercati e redditività….quello che manca è una direzione che risponda appropriatamente a questo potenziale…..
Con un elemento aggiuntivo altrettanto, e per certi versi persino di più, decisivo: la fase di dispiegamento della quarta rivoluzione ha portato al livello massimo l’impatto sull’ambiente da parte delle sue specifiche modalità di produzione e di consumo.
Il rischio del punto di non ritorno del degrado ambientale è sotto gli occhi di tutti noi.
La quinta rivoluzione industriale contiene, nelle sue potenzialità tecniche, le risorse tecnologiche, gli strumenti diffusi, per invertire questa tendenza?
Finora non è stato del tutto così, anzi……l’impiego generalizzato di tecnologie informatiche ha incrementato la domanda di energia e di materiali…….
Carlota Perez ritiene però possibile una risposta affermativa a questa domanda

L’informatica e la direzione verde

……che cos’è la direzione verde e come si collega al paradigma attuale delle tecnologie informatiche?......
L’assunto di partenza è quello di capire se crescita economica e tutela dell’ambiente siano termini inevitabilmente alternativi.
La direzione verde è, collegandoci al ruolo che la politica può e deve esercitare nella fase post crac per indirizzare la realizzazione della fase di dispiegamento, la chiave di volta per orientare questo ruolo …..deve essere vista come un percorso per promuovere un cambiamento importante dei modelli di produzione e degli stili di vita……percorso reso possibile proprio dalla rivoluzione tecnologica già protagonista della fase di installazione.
E perché la direzione verde, al di là dell’obbligo etico, e di sopravvivenza, di tutela dell’ambiente, è l’opzione più promettente anche dal punto di vista dell’economia?
Appare evidente che il paradigma della rivoluzione industriale precedente, quella dei consumi di massa è “oggettivamente” insostenibile in un contesto globalizzato, con più di sette miliardi, in ulteriore aumento, di consumatori potenziali, ed un pianeta “finito”.
E restando nell’ambito puramente economico tale paradigma, vista la finitezza di risorse, è destinato ad un innalzamento insostenibile dei costi marginali. In parole povere per produrre e consumare ai livelli attuali siamo condannati ad affrontare costi di produzione, di distribuzione, di smaltimento, costi economici in generale, sempre più alti, fino a rendere insostenibile la redditività di mercato.
Il mercato se vuole sopravvivere a sé stesso, facendo al tempo stesso sopravvivere l’ambiente, deve modificare il modo di produrre, i prodotti da offrire, il modo di consumare, gli stili di vita che ne conseguono. La tecnologia della quinta rivoluzione industriale è l’unica che offre risposte e risorse concrete in questo senso. Il mercato, ossia il “capitalismo” del titolo di questo breve saggio, ha bisogno di questa tecnologia.
In questo senso la direzione verde ha le caratteristiche di un passaggio ineludibile.

Un mutamento nella domanda di consumi

E’ un processo che in modo informe, e non ancora adeguatamente compreso e valorizzato, si è già comunque da tempo messo autonomamente in moto. Non solo esistono vasti settori della società che, per sensibilità verso la problematica, già hanno posto al centro del loro stile di vita la sostenibilità, ma è opinione sempre più trasversalmente diffusa che i parametri di misurazione della “crescita” debbano uscire dalle logiche puramente matematiche del PIL per definire l’idea del “vivere bene”. L’aspetto centrale, ed è in esso che la tecnologia informatica gioca un ruolo decisivo, è la necessità di sganciare la crescita economica dal pure e semplice consumo di beni e prodotti…..in sostanza si tratta di raggiungere crescita e benessere per tutta la società (globale) incrementando la quota di servizi e beni intangibili nella composizione del PIL e nell’appagamento dei bisogni individuali…….
La gamma degli esempi, che in buona parte già hanno forma di offerte di mercato concrete, è ormai lunga. E spazia dai prodotti per il consumatore standard alle offerte calibrate per le stesse attività produttive. L’obiettivo non è quindi quello di “decrescere” in senso lato, ma di farlo sulla componente “dura” della produzione operando sulla sua sostituzione con prestazioni di servizi.
In questo modo……la direzione verde trasforma la crisi ambientale da problema economico in opportunità economica…..

Crescita verde, sviluppo, occupazione e disuguaglianza

Questa prospettiva ha però significato solo se diventa una direzione imboccata globalmente. Spingono in questo senso ragioni tecnologiche, ambientali ed economiche.
Se è evidente che la compatibilità ambientale o si ha su scala planetaria o non si ha, non meno decisivo è il fatto che il paradigma tecnologico, basato su comunicazione e informazione, di per sè opera su scala globale. Ed è quindi in questa dimensione, e solo in questa, che può aversi la crescita economica verde.
Non solo: è la stessa natura della nuova direzione di crescita che presuppone la scala globale, perché è solo in questa dimensione che si realizzano volumi di domanda adeguata.
Nell’ambito di una economia con ottica globale orientata in prevalenza ai servizi la tecnologia informatica consente inoltre la flessibilità dei metodi di produzione indispensabile per assecondare la prevedibile segmentazione di mercato risultante dalla fine della produzione standardizzata.
La dimensione globale, finalizzata però a questo diverso modello di crescita, offrirebbe al tempo stesso occasioni di sviluppo anche alle aree del mondo al momento escluse, e spesso viste come semplici fornitrici di materiali e manodopera a basso costo.
…….le innovazioni nelle industrie delle risorse naturali, dalla estrazione alla fabbricazione e vendita di merci sostenibili promettono infatti possibilità di sviluppo ed impiego proprio per le nazioni ricche di materie prime……
Al contempo la direzione verde dell’economia implica, grazie al ripensamento dei prodotti, una riconversione degli apparati produttivi – fabbricati industriali, infrastrutture, macchinari – dei paesi già industrializzati, in sostanza una reindustrializzazione high-tech., creando cos’ una opportunità economica di investimento di dimensioni straordinarie.
Il ripensamento dei prodotti, abbandonata la logica del mercato alimentato a ciclo continuo da nuove merci, dovrebbe inoltre prevedere il ritorno alla loro durabilità abbandonando l’obsolescenza programmata e il paradigma dell’ “usa e getta”. Così creando un mercato del lavoro in grado di offrire noleggi, manutenzioni, stampa 3D di pezzi di ricambio, forme di cooperazione e di sinergia; un mercato del lavoro diffuso, con buoni ma non inaccessibili livelli di competenza e professionalità, in grado di compensare le riduzioni di manodopera nei settori di produzione tradizionale…..la direzione verde sarebbe l’equivalente della ricostruzione del secondo dopoguerra……..

Un cambio di paradigma mentale

Per indirizzare concretamente l’economia in questa direzione occorre ovviamente partire dalla consapevolezza che allo stato attuale delle cose ancora prevalgono le logiche della produzione in serie, dell’uso intenso e irrazionale delle risorse, del consumo improntato allo spreco. Le economie emergenti sono orientate da questo modello e sono molto timidi i segnali di una diversa considerazione del rapporto fra economia, tecnologia ed ambiente.
……fra le aree che influenzano l’economia le due (decisive) dove non sono avvenuti cambiamenti sufficienti sono l’azione dei governi e la scienza economica…..
Le politiche economiche più diffuse, lungi da un recupero virtuoso dell’approccio keynesiano, ancora sono basate sugli assunti del ritiro dello stato dall’economia lasciando che siano i mercati a decidere.
La scienza economica al contempo si è ripiegata su modelli matematici sempre più complessi …. come se l’economia fosse una scienza affine alla fisica……quando non si fa ancora adesso paladina delle battaglie ideologiche neo-liberiste degli anni ottanta.
Va poi notato che quasi tutti gli strumenti e concetti di politica economica usati attualmente, dal PIL al tasso di crescita naturale……..sono stati sviluppati negli anni Trenta e Quaranta nel contesto della produzione di serie……

Le politiche per la fase di dispiegamento

Se la fase di installazione segue percorsi in buona parte originali e spontanei quella di dispiegamento richiede, così come è sempre stato, la definizione di un suo profilo, una sorta di regia dinamica.
he oggi non può più essere però la semplice riproposizione delle ricette keynesiane……che funzionavano per la produzione in serie, nel contesto di economie nazionali relativamente chiuse…….ma che presuppone lo stesso patto fra protagonisti dell’economia – produttori e consumatori, lavoratori e imprenditori, associazioni di settore e governi centrali – per tradursi in indirizzi politico-economici altrettanto ben definiti.
Se è da escludere un ritorno alle burocrazie centralizzate degli anni Cinquanta e Sessanta non è neppure più tollerabile la presenza della finanza a ruota libera ed un mercato totalmente deregolamentato .……il capitalismo è legittimo solo quando fa in modo che le ambizioni di successo di pochi si traducano in benefici per tutti…….
Diventa così urgente adottare, nell’ambito della filosofia delle direzione verde, profondi cambiamenti che diano vita ad un……gioco a somma positiva tra imprese e società, ma stavolta su scala globale…..
Questi che seguono sono, a chiusura, alcuni dei cambiamenti, delle scelte concrete, da avviare all’interno di questo quadro per realizzare, grazie alla tecnologia, una forma sostenibile di capitalismo basato sulla direzione verde:
·      non tassare il lavoro, ma l’energia ed i materiali = penalizzando così le cose “cattive” e non quelle “buone”
·      introdurre regole che favoriscano la durabilità e la manutenzione = vietando, ad esempio, l’obsolescenza programmata
·      ridisegnare i parametri con cui viene misurata la produzione di ricchezza = il PIL ha un significato limitato e spesso falsificante, occorrono muovi parametri più legati alla misura del benessere reale e del volume di impiego di energia e materiali
·      facilitare l’economia della condivisione e della collaborazione = creando ad esempio, reti per ampliare servizi gratuiti offerti dalla Rete
·      fare passi avanti verso una qualche forma di reddito minimo
·      fornire qualificazione, e riqualificazione, professionale a livello globale
·      sostenere lo sviluppo dei paesi in ritardo
·      riorientare la finanza
·      modernizzare lo Stato = abbandonando il modello di organizzazione gerarchica, riportando nell’ambito del pubblico gran parte dei servizi esternalizzati, rendendo più attraente l’occupazione nel pubblico, avviando quindi una profonda revisione del ruolo operativo dello Stato
·      costruire il consenso per la progettazione delle politiche = le decisioni innovative indispensabili alla svolta non possono “piovere dall’alto”, ma devono essere costruite, condivise e cogestite con l’intera società
·      devoluzione di poteri nazionali = passaggio sicuramente complesso ma ineludibile in un percorso che vede nel globale la sua dimensione di base

1 commento:

  1. Analisi condivisibile, tranne l'ultimo punto: "Devoluzione dei poteri nazionali". Devoluzione dei poteri a organi internazionali o globali? Non se ne parla neanche! La liberta' dei popoli implica la trasparenza e la responsabilita' della politica. I politici devono essere visibili e controllabili dal popolo altrimenti si andrebbe presto verso una dittatura globale. EU docet!

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