Capitalismo e
tecnologia
L’influenza
della tecnologia sul mondo dell’economia è da sempre rilevante.
La
possibilità di modificare sistemi di produzione, di distribuzione, di
informazione, e quella di introdurre nuove tipologie di prodotti sono strettamente
connesse con le scoperte scientifiche e la loro traduzione in tecnologie
applicabili.
L’innegabilità
di questa relazione non ha però prodotto una adeguata riflessione sul “governo”
dei conseguenti processi di modifica in campo economico e produttivo. Gli
imprenditori valutano il ricorso alle innovazioni tecnologiche esclusivamente nei
termini dei benefici su costi e ricavi, lavoratori e sindacati seguono con
comprensibile apprensione l’adozione di novità tecnologiche valutandole come
impatto, magari negativo, su occupazione e modalità di lavoro, la politica
interviene, quando interviene, semplicemente per tamponare le eventuali
ricadute problematiche tradendo di fatto i tanti retorici richiami
all’importanza di ricerca ed innovazione, viste in buona misura come soluzioni
fideistiche non accompagnata da un adeguata conoscenza della loro reale
rilevanza ed impatto.
Altrettanto
insufficiente è però anche l’analisi del fenomeno da parte delle teorie
economiche, che troppo spesso si limitano a registrare, a posteriori,
l’avvenuta ricaduta sui processi economici.
Manca nel campo del dibattito economico, anche accademico, una adeguata
analisi dei meccanismi di fondo del rapporto fra novità tecnologiche e processi
economici ed è assente una teoria economica specifica basata sulla “storia” del
fenomeno.
Il
breve saggio, di cui presentiamo qui di seguito una sintesi, denuncia questo
insufficiente approccio al tema, propone alcune ipotesi analitiche di
ricostruzione storica e, su questa base, individua alcune prospettive legate
alle attuali condizione dell’economia di mercato. Inoltre tenta di collegare
questa maggiore e migliore consapevolezza della reale incidenza della tecnologia
sull’’economia per prefigurare un “capitalismo” adeguato a fronteggiare la
sfida del degrado ambientale e dei limiti di risorse del pianeta, incidendo al
contempo sulle cause della crescente disuguaglianza economica globale.
Si
tratta ovviamente di opinioni, e come tali condivisibili o no, ma sicuramente
quanto Carlota Perez scrive in questo suo breve saggio offre interessanti
spunti di riflessione.
CAPITALISMO,TECNOLOGIA ED UN’ETA’ DELL’ORO A LIVELLO
GLOBALE
IL RUOLO DELLA STORIA PER CONTRIBUIRE A DISEGNARE IL
FUTURO
Saggio contenuto nel libro “Ripensare
il capitalismo” a cura di M.Mazzucato e M. Jacobs (edizioni Laterza – Aprile
2017) di Carlota Perez (Professoressa di Sviluppo Internazionale presso la London
School of Economics)
Introduzione:
Si assiste, attorno al tema del rapporto fra
tecnologia e innovazione in economia, ad un dibattito più ideologico che
attento agli aspetti concreti della questione.
Manca una adeguata interpretazione storica
dell’innovazione e delle interazioni che genera nell’economia. E’ indispensabile
ed urgente recuperare questo gap esaminando, a partire dalla prima rivoluzione
industriale, gli incrementi di produttività determinati dalle novità
tecnologiche, sia quelle che incidono sul “processo” produttivo sia quelle che consentono
innovazioni di “prodotto”.
Al tempo stesso anche per la consolidata e
motivata convinzione dell’esistenza di un conflitto insanabile tra potenzialità
di crescita e tutela dell’ambiente manca, per dare sostanza al dibattito in
materia, una adeguata analisi del reale rapporto fra questi due aspetti. In
particolare, per centrare meglio la questione sulle prospettive attuali, manca
una analisi di dettaglio della relazione fra potenzialità tecnologiche, già
oggi disponibili e attivabili, ed il loro reale impatto sull’ambiente.
Occorre recuperare anche questo secondo gap;
ed ancora una volta la strada maestra è quella di capire cosa è successo nel
passato, di assumere la storia come maestra; c’è quindi l’urgente necessità di ……
comprendere i
processi del progresso tecnico e i modi in cui storicamente le nuove tecnologie
sono state assimilate e plasmate……
La
storia delle rivoluzioni tecnologiche
Gli studi più recenti in materia hanno
permesso di capire che il processo tecnologico, lungi dall’essere lineare e
continuativo, procede per balzi e svolte radicali.
E’ opinione ormai condivisa che a partire
dalla seconda metà del 1700 siano state ben cinque le “grandi rivoluzioni di
sviluppo”:
·
la
prima è ovviamente la prima rivoluzione industriale che convenzionalmente si fa
iniziare dal 1770,
tecnologicamente caratterizzata dall’uso intensivo dell’energia idrica grazie
al sistema dei canali
·
la
seconda avviene nel 1820 con
l’avvento su grande scala del carbone, del vapore, del ferro, del treno
·
nel
1875 altra svolta importante,
inizia l’era dell’acciaio, dell’energia elettrica pesante, della chimica, della
prima vera globalizzazione grazie ai collegamenti ferroviari transnazionali e a
quelli marittimi fra continenti
·
nel
1908 il lancio della Ford
modello T sancisce simbolicamente l’avvio dell’epoca dell’automobile, del
petrolio, della plastica, della diffusione capillare dell’energia elettrica,
della produzione in serie, del consumismo progressivamente di massa
·
infine
nel 1971, anno in cui Intel
lancia il suo microprocessore, prende avvio l’epoca attuale, quella delle
tecnologie della comunicazione, dell’informazione e della comunicazione
L’elemento che accomuna queste cinque svolte
non consiste solo nella novità intrinseca della nuova tecnologia che entra in
scena, ma soprattutto nel fatto che essa comporta un aumento di produttività a
livello dell’intera economia….il risultato è un “cambio di paradigma tecno-economico”
che conduce ad una trasformazione profonda delle modalità di lavoro e consumo,
modificando lo stile di vita e le aspirazione della società intera……
Un
modello di diffusione regolare
Ognuna di queste rivoluzioni ha
caratteristiche specifiche, ma l’analisi del loro impatto consente di
individuare alcuni aspetti che ricorrono ogni volta.
Le modalità con le quali l’economia di
mercato ha recepito ed utilizzato la svolta tecnologica sono, in tutte e cinque
i caso, riconducibili a due fasi distinte: installazione e dispiegamento.
La seguente tabella aiuta a capire questa
evoluzione in due fasi:
Fase installazione
|
Punto di svolta
|
Fase dispiegamento
|
||
Tecnologia e paese chiave
|
Bolla prosperità
|
Recessioni
|
Età dell’oro
|
|
1770
|
Energia idrica Inghilterra
|
Rete
canali
|
1793-1797
|
Il grande balzo
inglese
|
1820
|
Vapore e
ferrovie Inghilterra
|
Febbre
ferrovie
|
1848-1850
|
Boom
epoca vittoriana
|
1875
|
Acciaio e
infrastrutture Inghilterra – USA -
Germania
|
Sviluppo
accelerato infrastrutture terrestri e collegamenti marittimi
|
1890-1895
|
Belle Epoque (Europa) Progressive Era (USA)
|
1908
|
Petrolio,
automobili, fordisno USA
|
Auto,
radio, elettricità diffusa
|
Europa 1929-1933 USA 1929-1943
|
Età dell’oro
dopoguerra i
gloriosi trenta
|
1971
|
Informatica USA
|
Febbre Internet,
finanziarizzazione
|
2008
- ????
|
Età dell’oro
globale???
|
In generale il primo periodo, quello dell’installazione,
è caratterizzato dall’alleanza fra imprenditori emergenti, quelli che hanno
adottato le nuove tecnologie, e capitale finanziario, una alleanza che erode il
potere consolidato dei centri di potere del paradigma precedente, e che
trasforma in “normali” processi, metodologie e aspettative fino a quel momento
giudicate impensabili. Lo fa anche a prezzo di paralleli processi, da esso
stesso attivati, di sconvolgimenti e adattamenti sociali, cambiando anche la
stessa geografia economica: alcune aree decollano altre si ridimensionano. Il
nuovo paradigma esce comunque dalla nicchia e diventa dominante, ma a prezzo di
una sua instabilità strutturale
Forte del ruolo giocato nell’alleanza
innovatrice il capitale finanziario (quasi sempre lasciato libero di agire)
diventa sempre più speculativo, potendo contare sulle notevoli risorse accumulate
nella fase di dispiegamento e, seguendo traiettorie interne di investimento, si
spinge oltre i limiti reali di mercato fino a creare un “disaccoppiamento” con
l’economia reale che pure ha contribuito a creare……in passato come adesso ogni fase di
installazione è culminata in una grande bolla speculativa seguita da un grande
crac……(vedere tabella).
Questo crac, cui si accompagnano ovvie tensioni
sociali, crea le condizioni, in una prima fase politiche e poi economiche, per
una fase di crescita più armonica di quella sfociata nella bolla, ma perché ciò
avvenga…..normalmente
si ha una fase di regolamentazione della finanza per farla tornare al servizio
dell’economia produttiva…..
Perché
oggi ci troviamo in una fase equivalente agli anni Trenta e Quaranta
Per “governare” la decisiva fase di ingresso
nella fase di dispiegamento è’ fondamentale tenere presente che il crac,
sicuramente fatto esplodere dalla speculazione finanziaria, è però intimamente
legato ai cambiamenti strutturali che il nuovo paradigma, reso possibile dalla
tecnologia, ha prodotto. Un prezzo da pagare per la “rivoluzione” messa in
atto.
Una rivoluzione che, generata dall’intreccio
virtuoso di più fattori, in estrema sintesi, vince perché consente una
riduzione dei costi di produzione con conseguente aumento della redditività,
ovvero l’apertura di nuovi mercati, ovvero ancora l’introduzione di nuovi
prodotti.
Una rivoluzione vittoriosa che sa, in
aggiunta, estendersi ad altri settori generando così un balzo in avanti
dell’intera economia.
Ma sarebbe un errore grave, testimoniato
dalle molte potenziali svolte tecnologiche che non hanno generato né la fase di
installazione e tanto meno quella di dispiegamento, ritenere che tale
rivoluzione …….sia
predeterminata ed automaticamente definita dalle (sole) tecnologie….storicamente
è sempre stata la risultante di un insieme di fattori che comprendono
l’intuizione imprenditoriale, il contesto sociale e culturale, gli stili di
vita che ne conseguono, e, last but not least, la capacità della politica, e
dell’ideologia che la sostiene, di intuire le potenzialità attivabili e di
assisterle con interventi pubblici adeguati.
La sola tecnologia dell’auto, ad esempio,
non sarebbe stata vincente se i governi dell’epoca non l’avessero assecondata
con la massiccia infrastrutturazione autostradale.
Non solo: l’auto, e con essa la produzione
di serie, la plastica, l’avvento degli elettrodomestici (il cui uso fu reso
possibile, così come nel caso delle autostrade, dalla creazione delle rete
elettrica diffusa), di fatto implicavano stili di vita nuovi e innovativi.
Anche per questo aspetto la parte del “pubblico”, della politica, fu
determinante con l’avvio dello stato sociale, affermatosi poi compiutamente nel
secondo dopoguerra, e quindi con le politiche di estensione dell’istruzione,
dell’assistenza sanitaria, di livelli salariali adeguati, di riconoscimento del
ruolo dei sindacati nell’affrontare le problematiche della disoccupazione, e
via di questo passo.
Se questa combinazione di fattori,
ovviamente calibrata al contesto specifico, si è realizzata in tutte le fasi di
dispiegamento delle rivoluzioni in esame, per restare all’esempio, quello più
calzante, della quarta rivoluzione, essa divenne definitivamente vincente…….grazie alle idee
e misure audaci come quelle portate avanti da Keynes, Roosevelt e Beveridge….
Tornando alla attuale rivoluzione
industriale appare evidente che la crisi della bolla ed il crac del 2008
presentano le stesse caratteristiche di processo in corso, lo stesso quadro nel
quale, negli anni trenta e quaranta, la politica rese possibile la completa
realizzazione della fase di dispiegamento.
Ciò significa che, dopo che gli altri
fattori necessari hanno svolto il loro ruolo consentendo la fase di
installazione, sta nelle mani della politica la possibilità di compiere il
passo decisivo.
…….negli ultimi vent’anni la tecnologia informatica ha
introdotto una raffica di prodotti nuovi, un cambiamento dei modelli di
consumo…ma restano potenzialità enormi per innovazioni già praticabili sul
piano tecnico ma ancora troppo rischiose in termini di mercati e redditività….quello che
manca è una direzione che risponda appropriatamente a questo potenziale…..
Con un elemento aggiuntivo altrettanto, e
per certi versi persino di più, decisivo: la fase di dispiegamento della quarta
rivoluzione ha portato al livello massimo l’impatto sull’ambiente da parte
delle sue specifiche modalità di produzione e di consumo.
Il rischio del punto di non ritorno del
degrado ambientale è sotto gli occhi di tutti noi.
La quinta rivoluzione industriale contiene,
nelle sue potenzialità tecniche, le risorse tecnologiche, gli strumenti diffusi,
per invertire questa tendenza?
Finora non è stato del tutto così, anzi……l’impiego
generalizzato di tecnologie informatiche ha incrementato la domanda di energia
e di materiali…….
Carlota Perez ritiene però possibile una
risposta affermativa a questa domanda
L’informatica
e la direzione verde
……che cos’è la direzione verde e come si collega al
paradigma attuale delle tecnologie informatiche?......
L’assunto di partenza è quello di capire se
crescita economica e tutela dell’ambiente siano termini inevitabilmente
alternativi.
La direzione verde è, collegandoci al ruolo
che la politica può e deve esercitare nella fase post crac per indirizzare la
realizzazione della fase di dispiegamento, la chiave di volta per orientare
questo ruolo …..deve
essere vista come un percorso per promuovere un cambiamento importante dei
modelli di produzione e degli stili di vita……percorso reso possibile
proprio dalla rivoluzione tecnologica già protagonista della fase di
installazione.
E perché la direzione verde, al di là
dell’obbligo etico, e di sopravvivenza, di tutela dell’ambiente, è l’opzione
più promettente anche dal punto di vista dell’economia?
Appare evidente che il paradigma della
rivoluzione industriale precedente, quella dei consumi di massa è
“oggettivamente” insostenibile in un contesto globalizzato, con più di sette
miliardi, in ulteriore aumento, di consumatori potenziali, ed un pianeta
“finito”.
E restando nell’ambito puramente economico
tale paradigma, vista la finitezza di risorse, è destinato ad un innalzamento
insostenibile dei costi marginali. In parole povere per produrre e consumare ai
livelli attuali siamo condannati ad affrontare costi di produzione, di
distribuzione, di smaltimento, costi economici in generale, sempre più alti,
fino a rendere insostenibile la redditività di mercato.
Il mercato se vuole sopravvivere a sé
stesso, facendo al tempo stesso sopravvivere l’ambiente, deve modificare il
modo di produrre, i prodotti da offrire, il modo di consumare, gli stili di
vita che ne conseguono. La tecnologia della quinta rivoluzione industriale è
l’unica che offre risposte e risorse concrete in questo senso. Il mercato,
ossia il “capitalismo” del titolo di questo breve saggio, ha bisogno di questa
tecnologia.
In questo senso la direzione verde ha le
caratteristiche di un passaggio ineludibile.
Un
mutamento nella domanda di consumi
E’ un processo che in modo informe, e non ancora
adeguatamente compreso e valorizzato, si è già comunque da tempo messo
autonomamente in moto. Non solo esistono vasti settori della società che, per
sensibilità verso la problematica, già hanno posto al centro del loro stile di
vita la sostenibilità, ma è opinione sempre più trasversalmente diffusa che i
parametri di misurazione della “crescita” debbano uscire dalle logiche
puramente matematiche del PIL per definire l’idea del “vivere bene”. L’aspetto
centrale, ed è in esso che la tecnologia informatica gioca un ruolo decisivo, è
la necessità di sganciare la crescita economica dal pure e semplice consumo di beni
e prodotti…..in
sostanza si tratta di raggiungere crescita e benessere per tutta la società (globale) incrementando la quota di servizi e beni intangibili
nella composizione del PIL e nell’appagamento dei bisogni individuali…….
La gamma degli esempi, che in buona parte
già hanno forma di offerte di mercato concrete, è ormai lunga. E spazia dai
prodotti per il consumatore standard alle offerte calibrate per le stesse
attività produttive. L’obiettivo non è quindi quello di “decrescere” in senso
lato, ma di farlo sulla componente “dura” della produzione operando sulla sua
sostituzione con prestazioni di servizi.In questo modo……la direzione verde trasforma la crisi ambientale da problema economico in opportunità economica…..
Crescita
verde, sviluppo, occupazione e disuguaglianza
Questa prospettiva ha però significato solo
se diventa una direzione imboccata globalmente. Spingono in questo senso
ragioni tecnologiche, ambientali ed economiche.
Se è evidente che la compatibilità
ambientale o si ha su scala planetaria o non si ha, non meno decisivo è il
fatto che il paradigma tecnologico, basato su comunicazione e informazione, di
per sè opera su scala globale. Ed è quindi in questa dimensione, e solo in
questa, che può aversi la crescita economica verde.
Non solo: è la stessa natura della nuova
direzione di crescita che presuppone la scala globale, perché è solo in questa
dimensione che si realizzano volumi di domanda adeguata.
Nell’ambito di una economia con ottica globale
orientata in prevalenza ai servizi la tecnologia informatica consente inoltre
la flessibilità dei metodi di produzione indispensabile per assecondare la
prevedibile segmentazione di mercato risultante dalla fine della produzione
standardizzata.
La dimensione globale, finalizzata però a
questo diverso modello di crescita, offrirebbe al tempo stesso occasioni di
sviluppo anche alle aree del mondo al momento escluse, e spesso viste come
semplici fornitrici di materiali e manodopera a basso costo.
…….le innovazioni nelle industrie delle risorse naturali,
dalla estrazione alla fabbricazione e vendita di merci sostenibili promettono
infatti possibilità di sviluppo ed impiego proprio per le nazioni ricche di
materie prime……
Al contempo la direzione verde dell’economia
implica, grazie al ripensamento dei prodotti, una riconversione degli apparati
produttivi – fabbricati industriali, infrastrutture, macchinari – dei paesi già
industrializzati, in sostanza una reindustrializzazione high-tech., creando
cos’ una opportunità economica di investimento di dimensioni straordinarie.
Il ripensamento dei prodotti, abbandonata la
logica del mercato alimentato a ciclo continuo da nuove merci, dovrebbe inoltre
prevedere il ritorno alla loro durabilità abbandonando l’obsolescenza programmata
e il paradigma dell’ “usa e getta”. Così creando un mercato del lavoro in grado
di offrire noleggi, manutenzioni, stampa 3D di pezzi di ricambio, forme di
cooperazione e di sinergia; un mercato del lavoro diffuso, con buoni ma non
inaccessibili livelli di competenza e professionalità, in grado di compensare
le riduzioni di manodopera nei settori di produzione tradizionale…..la direzione
verde sarebbe l’equivalente della ricostruzione del secondo dopoguerra……..
Un
cambio di paradigma mentale
Per indirizzare concretamente l’economia in
questa direzione occorre ovviamente partire dalla consapevolezza che allo stato
attuale delle cose ancora prevalgono le logiche della produzione in serie,
dell’uso intenso e irrazionale delle risorse, del consumo improntato allo
spreco. Le economie emergenti sono orientate da questo modello e sono molto
timidi i segnali di una diversa considerazione del rapporto fra economia,
tecnologia ed ambiente.
……fra le aree che influenzano l’economia le due (decisive) dove non sono avvenuti cambiamenti sufficienti sono
l’azione dei governi e la scienza economica…..
Le politiche economiche più diffuse, lungi
da un recupero virtuoso dell’approccio keynesiano, ancora sono basate sugli
assunti del ritiro dello stato dall’economia lasciando che siano i mercati a
decidere.
La scienza economica al contempo si è
ripiegata su modelli matematici sempre più complessi …. come se l’economia fosse una scienza affine
alla fisica……quando non si fa ancora adesso paladina delle battaglie
ideologiche neo-liberiste degli anni ottanta.
Va poi notato che quasi tutti gli strumenti
e concetti di politica economica usati attualmente, dal PIL al tasso di
crescita naturale……..sono stati sviluppati negli anni Trenta e Quaranta nel
contesto della produzione di serie……
Le
politiche per la fase di dispiegamento
Se la fase di installazione segue percorsi
in buona parte originali e spontanei quella di dispiegamento richiede, così
come è sempre stato, la definizione di un suo profilo, una sorta di regia
dinamica.
he oggi non può più essere però la semplice
riproposizione delle ricette keynesiane……che funzionavano per la produzione in serie, nel contesto
di economie nazionali relativamente chiuse…….ma che presuppone lo
stesso patto fra protagonisti dell’economia – produttori e consumatori,
lavoratori e imprenditori, associazioni di settore e governi centrali – per
tradursi in indirizzi politico-economici altrettanto ben definiti.
Se è da escludere un ritorno alle burocrazie
centralizzate degli anni Cinquanta e Sessanta non è neppure più tollerabile la
presenza della finanza a ruota libera ed un mercato totalmente deregolamentato .……il capitalismo è
legittimo solo quando fa in modo che le ambizioni di successo di pochi si
traducano in benefici per tutti…….
Diventa così urgente adottare, nell’ambito
della filosofia delle direzione verde, profondi cambiamenti che diano vita ad
un……gioco a
somma positiva tra imprese e società, ma stavolta su scala globale…..
Questi che seguono sono, a chiusura, alcuni
dei cambiamenti, delle scelte concrete, da avviare all’interno di questo quadro
per realizzare, grazie alla tecnologia, una forma sostenibile di capitalismo
basato sulla direzione verde:
·
non tassare il lavoro, ma l’energia
ed i materiali =
penalizzando così le cose “cattive” e non quelle “buone”
·
introdurre regole che favoriscano la
durabilità e la manutenzione = vietando,
ad esempio, l’obsolescenza programmata
·
ridisegnare i parametri con cui viene
misurata la produzione di ricchezza = il
PIL ha un significato limitato e spesso falsificante, occorrono muovi parametri
più legati alla misura del benessere reale e del volume di impiego di energia e
materiali
·
facilitare l’economia della
condivisione e della collaborazione = creando
ad esempio, reti per ampliare servizi gratuiti offerti dalla Rete
·
fare passi avanti verso una qualche
forma di reddito minimo
·
fornire qualificazione, e
riqualificazione, professionale a livello globale
·
sostenere lo sviluppo dei paesi in
ritardo
·
riorientare la finanza
·
modernizzare lo Stato = abbandonando il modello di
organizzazione gerarchica, riportando nell’ambito del pubblico gran parte dei
servizi esternalizzati, rendendo più attraente l’occupazione nel pubblico,
avviando quindi una profonda revisione del ruolo operativo dello Stato
·
costruire il consenso per la
progettazione delle politiche = le
decisioni innovative indispensabili alla svolta non possono “piovere
dall’alto”, ma devono essere costruite, condivise e cogestite con l’intera
società
·
devoluzione di poteri nazionali = passaggio sicuramente complesso ma
ineludibile in un percorso che vede nel globale la sua dimensione di base
Analisi condivisibile, tranne l'ultimo punto: "Devoluzione dei poteri nazionali". Devoluzione dei poteri a organi internazionali o globali? Non se ne parla neanche! La liberta' dei popoli implica la trasparenza e la responsabilita' della politica. I politici devono essere visibili e controllabili dal popolo altrimenti si andrebbe presto verso una dittatura globale. EU docet!
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