domenica 18 marzo 2018

"Terre rare" - a cura di Giancarlo Fagiano


Terre rare
Spunti di informazione e riflessione tratti da un articolo sull’argomento apparso sul numero 12/2018 dell’Espresso a firma di Angelo Richiello




Di tanto in tanto sono apparsi sui media articoli che fornivano informazioni sul crescente ruolo di non meglio precisate “terre rare” ossia particolari metalli il cui utilizzo nelle produzioni a più alto contenuto tecnologico era fondamentale.

L’argomento era e restava però per tutti noi, salvo rare eccezioni, relativamente oscuro, sia nei suoi aspetti più tecnici sia in quelli più legati al loro reale impatto, abituati come siamo a ritenere ancora fondamentale il ruolo del carbone piuttosto che del petrolio o dei minerali classici.

E invece pare proprio che, accanto alla risorsa “acqua”, sempre più decisiva per una umanità che continua a crescere verso l’ipotizzata soglia dei dieci miliardi, queste “terre rare” giocheranno un ruolo decisivo nel prossimo futuro.

Abbiamo perciò letto con interesse il breve ma illuminante articolo dell’Espresso dal quale abbiamo tratto alcuni sintetici spunti.

  • *   Quali sono questi minerali così preziosi? Ecco il loro elenco con nomi propri. Alcuni davvero suggestivi se non divertenti, che sembrano destinati a diventare sempre più conosciuti, così come quello di “lantanoidi”, la “famiglia che ne raggruppa quindici: su diciassette

Cerio

Disprosio

Erbio

Europio

Gadolinio

Itterbio

Ittrio

Lantanio

Lutezio

Neodimio

Olmio

Praseodimio

Promezio

Samario

Scandio

Terbio

Tulio

  • *  Cosa sono? Sono elementi chimici presenti nella tavola periodica (Primo Levi docet) definiti rari non tanto perché presenti in quantitativi ridotti, anzi sono  relativamente diffusi e, tanto per capire, oro ed argento sono molto meno abbondanti, ma per la bassa, spesso bassissima, concentrazione nei loro depositi naturali. La loro estrazione ha quindi costi altissimi, tanto da essere economicamente conveniente solo con costi ridottissimi della manodopera, non a caso, come vedremo, possibili solo in paesi come la Cina. Va detto però che la domanda di questi minerali è in così costante crescita da rendere in prospettiva più conveniente la loro produzione

  • * A cosa servono? Sono componenti fondamentali per lavorazioni ad alto contenuto tecnologico viste le loro caratteristiche ottimali ad esempio per leggerezza, conducibilità e durezza. I settori che li utilizzano sono non a caso quelli di punta. Il loro mancato approvvigionamento bloccherebbe di fatto le attività nei seguenti settori:

Acciaio

Aerospazio e difesa

Automobili elettriche

Cavi fibre ottiche

Computer

Energia nucleare

Telefoni

  • Colpisce in modo particolare il fatto che le terre rare sono essenziali per le produzioni di base che consentono le realizzazione di tecnologie utilizzate per la produzione di energia pulita. La sfida per il contenimento del surriscaldamento del pianeta passa anche attraverso la loro disponibilità

  • *  Dove sono prodotti? Questa è la media di produzione annua, in tonnellate, registrata nell’ultima decade:

Cina con 105.000

Australia con 10.000 

USA con 4.100

Russia con 2.500

Tailandia con 1.100

Malesia con 200


  • Spicca la totale assenza dell’Europa e l’assoluto predominio cinese, frutto di politiche mirate di investimento attive ormai dagli anni Ottanta e sempre in crescendo, che dagli anni novanta copre il 90% del fabbisogno mondiale

  1. *   Dove sono presenti in concentrazioni “abbordabili”? Va da sé che sia la Cina a farla da padrone, dei 120 milioni di tonnellate di riserve stimate in tutto il pianeta il 37% si trova in Cina, il 18% in Brasile, il 15% in Russia, con il restante 30% sparso nel resto del pianeta

  • *  Anche in questo caso si conferma comunque che, qualunque possa essere  l’evoluzione tecnologica, l’umanità deve fare i conti con la finitezza “fisica” delle risorse, e che diventa indispensabile, proprio per il raggiungimento degli obiettivi sul clima, un quadro più equilibrato e sereno di rapporti commerciali. Forse nessuno ha detto a Trump che una guerra sui dazi non è la scelta più saggia in questa direzione. Le “terre rare” lo dimostrano

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