Referendum = Il NO di Zagrebelsky
Intervista di EZIO MAURO – La Repubblica
del 26/05/2016
PROFESSOR
Zagrebelsky, dunque più che a un referendum
saremmo davanti a un golpe, come sostiene il fronte del "no" alla
riforma che lei guida insieme a altri dieci ex presidenti della Consulta, e a
molti costituzionalisti? Non lo avete mai sostenuto nemmeno davanti agli abusi
di potere di Berlusconi e alle sue leggi ad personam: cos'è successo?
Nel
"fronte del no" convergono preoccupazioni diverse, come è naturale.
Vorrei però che si lasciassero da parte le parole a effetto. L'atmosfera è già
troppo surriscaldata. Contesto la parola golpe, non l'allarme. Come si fa a non
vedere che il potere va concentrandosi e allontanandosi dai cittadini comuni?
Non basta per preoccuparsi?
Sono qui
per sentire lei, e aiutare i lettori a capire. Dove vede questo disegno di
esproprio del potere?"Non penso a una "Spectre", per intenderci. Vedo un
progressivo svuotamento della democrazia a vantaggio di ristrette oligarchie.
Per ora le forme della democrazia reggono, ma si svuotano. Si parla di
post-democrazia e, se subentra l'autoritarismo, di "democratura". Ripeto:
non c'è da preoccuparsi?
Tutto
questo per il referendum sulla riforma del Senato?
Il Senato
è un dettaglio, o un'esca. Meglio se lo avessero abolito del tutto. È
all'insieme che bisogna guardare. Rispetto ai mali che tutti denunciamo
(rappresentanti che non rappresentano, partiti asfittici e verticistici e,
dall'altro lato, cittadini esclusi e impotenti) che significa la riforma
costituzionale unita a quella elettorale? A me pare di vedere il sogno di ogni
oligarchia: l'umiliazione della politica a favore di un misto di interessi che
trovano i loro equilibri non nei Parlamenti, ma nelle tecnocrazie burocratiche.
La conseguenza è che viviamo in un continuo presente. Il motto è "non ci
sono alternative", e così il pensiero è messo fuori gioco
Lei
ha avuto responsabilità istituzionali, è stato presidente della Consulta: non
ha mai sollevato questo allarme coi vertici dello Stato?
Con
"i vertici" ho poche occasioni d'incontro. Ma ne ricordo uno, al
Quirinale col presidente Napolitano. Gli parlai dell'alternativa che si
prospetta sempre, quando le condizioni sociali si fanno strette e il malessere
aumenta, tra chiusure autoritarie e aperture democratiche: o la ricerca di
nuove strade o l'insistenza su quelle vecchie che pesano sui gruppi sociali più
deboli
Ad esempio?
Ad esempio?
Pensi al
modo abituale di tirare avanti esponendosi ai creditori. Il debitore finisce
per cadere totalmente nelle loro mani. Nel diritto antico potevi finire
schiavo. Oggi puoi essere spogliato. Si canta vittoria quando la finanza
internazionale rifinanzia il debito pubblico e non si vede il nodo del cappio
che si stringe. Eppure c'è l'esempio della Grecia che parla chiaro. Lo stato
sociale è allo stremo e si sono chiesti in garanzia spiagge, isole e porti, se
non anche il Partenone
Io sono
più preoccupato per questi problemi che per la riforma del Senato: il welfare
state, quella che abbiamo chiamato l'economia sociale di mercato, la democrazia
del lavoro fanno parte della civiltà europea, non le pare?
Anche per me questa è la vera posta in gioco. Guardi però che tutto nel nostro discorso si tiene, dal welfare al referendum. Sennò non si capirebbe, di fronte all'enormità dei problemi che abbiamo, tanto accanimento nei confronti del povero Senato. Il "sì" spianerebbe una strada; il "no" farebbe resistenza
Anche per me questa è la vera posta in gioco. Guardi però che tutto nel nostro discorso si tiene, dal welfare al referendum. Sennò non si capirebbe, di fronte all'enormità dei problemi che abbiamo, tanto accanimento nei confronti del povero Senato. Il "sì" spianerebbe una strada; il "no" farebbe resistenza
Insomma,
dalla crisi si può uscire con meno o più democrazia?
Sì. La
prima strada porta alla rottura dei vincoli sociali, diciamo pure alla
distruzione della società, condannando i più deboli all'impotenza e
all'irrilevanza. La seconda passa per un grande discorso democratico, franco,
sincero, che non nasconda le difficoltà e chiami tutti a uno sforzo di
responsabilità, ciascuno secondo le proprie possibilità, mobilitando le energie
civili del Paese e recuperando sovranità
Anche lei
pensa che l'Europa sia un nemico, come dicono ogni giorno gli opposti
populismi?
Per nulla. Ma l'Europa è una scelta, non un guinzaglio. L'articolo 11 della Costituzione prevede la possibilità che l'Italia limiti la sua sovranità a favore di organismi internazionali, ma a condizione che ciò serva alla pace e alla giustizia tra le Nazioni. Che cosa vuol dire? Che non è un'abdicazione incondizionata alla finanza, entità immateriale con conseguenze molto concrete, ma una partecipazione consapevole e paritaria a istituzioni democratiche sovranazionali. L'Europa dovrebbe significare più, non meno democrazia
Per nulla. Ma l'Europa è una scelta, non un guinzaglio. L'articolo 11 della Costituzione prevede la possibilità che l'Italia limiti la sua sovranità a favore di organismi internazionali, ma a condizione che ciò serva alla pace e alla giustizia tra le Nazioni. Che cosa vuol dire? Che non è un'abdicazione incondizionata alla finanza, entità immateriale con conseguenze molto concrete, ma una partecipazione consapevole e paritaria a istituzioni democratiche sovranazionali. L'Europa dovrebbe significare più, non meno democrazia
Sta
dicendo che l'Europa è un destino democratico da scegliere ogni giorno, non un
vincolo di cui si smarrisce la legittimità?
È
l'opposto della semplificazione brutale dei nazionalisti. Anzi, un recupero
dello spirito di Ventotene, un "plebiscito d'ogni giorno" dei popoli,
non dei mercati. Invece si è pensato che unendo i mercati la politica avrebbe
seguito. Ma gli interessi economici spesso sono ostili alla politica, e la
riducono a intendenza. Speriamo che non sia troppo tardi
Ma secondo
lei la politica accetta consapevolmente questa diminuzione di ruolo e di peso,
o decide il rapporto di forza?
C'è un
pensiero unico in campo, tra l'altro responsabile della crisi. Perfino un
riformista come Keynes è considerato un eretico. La politica, dicevo, si è
ridotta a una dimensione puramente esecutiva, con interventi tampone, incapace
di un pensiero autonomo e prospettico. L'implosione è sempre in agguato
Professore,
non è troppo pessimista?
Non
parlerei di pessimismo, ma di prudenza, una virtù che nel governo delle società
non è mai troppa. A parte tutto, la riforma è scritta malissimo, illeggibile,
talora incomprensibile".
Sta
facendo un problema di forma?
Di
sostanza, prego, perché una costituzione democratica ha innanzitutto l'obbligo
della chiarezza. Il linguaggio dei riformatori rivela due difetti:
semplificazione e radicalità, brutalità e ingenuità
Si può
essere brutali e ingenui al tempo stesso?
Certo.
Prenda lo slogan: la sera delle elezioni si saprà chi ha vinto. Non le sembra
che riveli una mentalità al tempo stesso sbrigativa e ingenua? In quel giorno
ci saranno vincitori e vinti e vae victis!
Ma lo
slogan non indica anche un rimedio alla palude, all'eterna tentazione del
consociativismo?
A patto di non considerare la vittoria come un'unzione sacra che permette di insultare chi non è d'accordo: sindacati, professori, magistrati, pubblici amministratori, con l'idea che siano avversari da spegnere. Un governante saggio non dovrebbe crearsi il nemico perché, appena le cose incominceranno ad andare male, sarà chiamato a pagare un conto salato
Ma nel Paese dell'eterno democristiano, non è meglio un legame diretto tra il voto e il governo?
A patto di non considerare la vittoria come un'unzione sacra che permette di insultare chi non è d'accordo: sindacati, professori, magistrati, pubblici amministratori, con l'idea che siano avversari da spegnere. Un governante saggio non dovrebbe crearsi il nemico perché, appena le cose incominceranno ad andare male, sarà chiamato a pagare un conto salato
Ma nel Paese dell'eterno democristiano, non è meglio un legame diretto tra il voto e il governo?
"Perché
"diretto" sarebbe "non democristiano"? A me pare che
proprio l'idea del vincitore e dello sconfitto alimenti una vocazione tipica da
noi: il timore d'essere lasciati nel campo della sconfitta. Così, c'è stata e
c'è una vocazione potente a salire sul carro del vincitore. E questa non è
forse la forma peggiore del consociativismo, addirittura preventiva?
Lei teme
l'abuso del vincitore?
Si è
parlato della Costituzione vigente come il frutto ormai superato della
"paura del tiranno". Il tiranno, nel senso del fascismo, oggi non c'è
più. Ma il vento che tira in Europa e nel mondo non ci rende avvertiti di
altri, nuovi pericoli? Tanto più che le istituzioni che saranno sottoposte a
referendum varranno per il futuro e non sappiamo chi potrà avvalersene"
Ma ci sono costituzionalisti, come il professor Cassese, che non vedono nella riforma un rafforzamento dell'esecutivo: è così?
Ma ci sono costituzionalisti, come il professor Cassese, che non vedono nella riforma un rafforzamento dell'esecutivo: è così?
Nessuno
può essere certo delle sue previsioni, ma il gioco combinato della
"velocità" nella politica e dell'elezione come investitura
trasformerà chi vince in arbitro indiscusso del sistema. Già ora il Capo del
governo è anche Capo del suo partito, e la minoranza interna è schiacciata
sotto il ricatto permanente del voto anticipato".
Anche De
Mita per un breve periodo fu segretario della Dc e capo del governo: perché
nessuno lo paragonò a un tiranno?
Semplice:
perché c'erano i partiti e una legge elettorale proporzionale con le
preferenze. Oggi i partiti sono dei monoliti, col solo compito di sostenere il
Capo. E, di nuovo, tutto si tiene: con la legge elettorale vigente in
Parlamento siederanno i fedelissimi".
Lei
ritiene Renzi capace di tutto questo?
Non voglio
personalizzare. Tra l'altro oggi c'è Renzi, domani può venire chiunque. I
governi passano, le istituzioni restano"
Ma la
società non vuole un superamento del bicameralismo perfetto?
Lo voglio
anch'io, ma non in questo modo. Ridurre procedure e costi è positivo. Ma tutto
ciò non va cavalcato in termini antiparlamentari, perché saremmo
all'antipolitica. Di un parlamento vitale si ha sempre bisogno. Anzi avremmo
bisogno che rappresentasse il meglio del Paese, come si diceva una volta: ridotto
nel numero e più competente"
Le
ricordano sempre che Ingrao si schierò a favore di una sola Camera: cosa
risponde?
L'idea di
Ingrao era la "centralità del Parlamento". Voleva una Camera sola per
promuovere la politica in Parlamento, non per umiliarli entrambi
E' questa
la vera ragione del suo "no"?
E'
fondamentalmente questa, unita a ragioni specifiche. Il Senato è ridotto, ma
non abolito. Il bicameralismo rimane per una serie di materie che possono
innescare seri conflitti. È previsto che siano risolti dalla trattativa tra i
due presidenti. Ma è lecito patteggiare sul rispetto delle regole? Le
incongruenze tecniche sono molte. Non invidio chi dovrà scrivere la nuova legge
elettorale del Senato. Non si capisce da chi saranno scelti i nuovi senatori:
se sono "designati" dagli elettori non possono essere
"eletti" dai Consigli regionali. Sa cosa le dico? Non mi dispiace non
insegnare più il diritto costituzionale il prossimo anno, perché non saprei
come spiegare ai miei studenti non una materia, ma un guazzabuglio
Più facile
spiegare la fiducia al governo da parte di una sola Camera, non crede?
Questo è
giusto, e utile. Non sono affatto contrario a un governo che governi. Ma dentro
un sistema che respiri democraticamente a pieni polmoni
Dal
governo non può venire niente di buono?
Perché?
Sono buone le unioni civili, l'autonomia dai vescovi, la prudenza sulla Libia,
il rifiuto della politica del "a casa nostra" verso i migranti. Vede
che non ho pregiudizi? Ma non mi piace che una discussione sulla Costituzione
si trasformi in un plebiscito sul governo. La Costituzione non è a favore né
contro qualcuno, non si vince in questa materia e non si perde. Nessuno si
gioca tutto sulla Carta, tutti ci giochiamo qualcosa e forse molto
Professore,
non l'ho mai sentita richiamare i grillini, come fa con il Pd, ad una
responsabilità comune sul destino del sistema: come mai?
Potrei
dirle che l'antipolitica è figlia della cattiva politica. Ma è giunta l'ora che
i Cinque Stelle si emancipino dalle idee elitistiche e accettino la logica
parlamentare. La vera arte politica sta nel creare le condizioni dello stare
insieme. Il che non vuol dire rinunciare alle proprie ragioni, ma cercare di
diffonderle oltre i propri confini. Dire questo non significa nostalgia del
vecchio ordine, ma desiderio di buona politica
A
proposito di vecchio, cosa risponde a chi usa questo termine come un insulto
contro di voi?
Anche noi
siamo stati giovani, senza averne merito, e anche loro diventeranno vecchi,
senza colpe per questo. Ma, non era la destra che polemizzava coi vecchi?
Sì,
ricorda gli attacchi a Spadolini, Rita Levi Montalcini sbeffeggiata in Senato:
dunque?
C'è
traccia di futurismo nella rottamazione. I giovani hanno sempre ragione, i
vecchi devono tacere. Sono battute, dice qualcuno. Ma vede: così si smarrisce il
sentimento del passaggio generazionale, la trasmissione dell'esperienza. Si
vuole rompere la tradizione in nome di un presunto Anno Zero. Certo, l'eccesso
di tradizione spegne. Ma tagliare ogni radice per il peso della memoria espone
al vento. Vivi nell'oggi e improvvisa
Nessun commento:
Posta un commento