La “prepotenza” del CVD19
sulle altre malattie
e il risvolto “positivo del contagio
Intervista a Mauro Salizzoni – Il Fatto Quotidiano del 07/ Marzo 2020
“L’epidemia
di Coronavirus è un problema, certo, ma c’è una cosa che mi preoccupa molto di
più: stiamo bloccando la strada ai pazienti in pericolo di vita non affetti da
Coronavirus”. Il professor Mauro Salizzoni, 71 anni, direttore del Centro
trapianti di fegato dell’Ospedale Molinette di Torino dal 1990 al 2018 oggi
consigliere regionale del Piemonte del Pd, sposta l’attenzione dall’emergenza
Coronavirus all’altra faccia della medaglia, quella della sanità “ordinaria”
cannibalizzata dall’epidemia.
Professore, ci stiamo concentrando troppo
sul Covid-19?
Troppo no, è
evidente che la situazione necessita di una risposta straordinaria, ma
cominciano ad accadere fatti preoccupanti.
Per esempio?
So per certo
che la scorsa notte, in un ospedale italiano, un paziente in attesa di un
intervento salvavita, un trapianto di fegato urgente, ha ricevuto un organo da
un donatore proveniente dal Piemonte, ma non ha potuto essere operato subito
poiché i posti in rianimazione erano tutti occupati da pazienti contagiati da Covid-19.
Questo episodio deve farci riflettere. I pazienti sono tutti uguali, dobbiamo
tenere aperte tutte le strade, a tutti può capitare un politrauma, un
aneurisma, un’epatite fulminante. Non possiamo permetterci di essere
impreparati.
Quindi, che fare?
Bisogna
ampliare le terapie intensive per il Coronavirus dirottandole su circuiti
diversi da quelli centrali. Se possibile, la rianimazione di un reparto di
cardiochirurgia deve essere lasciata alla cardiochirurgia. Di fatto il
Coronavirus è una polmonite, in questi casi serve soprattutto un Ecmo
(macchinario per l’ossigenazione extracorporea, ndr) che può essere trasportato
con facilità.
Esistono le risorse per uno sforzo simile?
Bisogna
trovarle, almeno nelle zone dove l’incidenza dell’epidemia è più elevata, o tra
20 giorni, per perdita di tempo, ci troveremo ad aver perso per strada
pazienti. Ripeto, trasportare un respiratore è un’operazione tecnicamente
semplice.
Torniamo al Coronavirus. Lei ha lavorato
per 30 anni alle Molinette di Torino, dove giovedì una coppia di anziani è
risultata positiva dopo un normale ricovero per sintomi influenzali. Com’è
potuto accadere?
È accaduto,
com’è noto, che questi pazienti, ricoverati tre giorni prima, abbiano omesso di
dichiarare al personale sanitario di avere un figlio che lavora a Lodi con cui
erano venuti recentemente a contatto. C’è da chiedersi se la procedura di non
fare i tamponi all’ingresso sia efficace.
Negligenza?
Direi di no,
ci sono delle direttive precise. Il tampone viene fatto solo in presenza di sintomatologie
evidenti. A chi arriva al pronto soccorso con complicanze respiratorie andrebbe
fatto immediatamente il triage, sempre. In presenza di Coronavirus, se
necessario, il paziente va messo in rianimazione centrale. Alle Molinette ce
n’è una perfettamente dedicata e funzionante.
Professor Salizzoni, da medico: è
preoccupato per questa epidemia?
Premesso che
non sono un virologo, anche se ho avuto a che fare con virus e batteri tutta la
vita, l’idea che mi sono fatto leggendo e parlando con i colleghi è che i
malati siano certamente molti di più di quelli dichiarati.
Quindi la situazione è più grave di quel
che crediamo?
Che i malati
siano di più non è necessariamente un fatto negativo. Se la mortalità rimane su
questi livelli, significa che il dato reale è ancora più basso. E poi, più
gente si ammala (e guarisce) e più anticorpi si sviluppano. Gli anticorpi sono
il vero semaforo rosso, il muro contro cui va a sbattere un virus. Non, come
sento dire, il caldo e le stagioni. Il virus si indebolirà quanto più troverà
muri sulla sua strada.
Il governo italiano sta agendo bene
secondo lei?
Limitare al
massimo i contatti di massa è utile. Condivido la chiusura delle scuole,
significa contenere uno dei principali fattori di movimento nelle nostre città.
In questo momento ci vuole coraggio. Le faccio un esempio da chirurgo: oggi
serve una resezione epatica di tre minuti, quella in cui il paziente perde
molto sangue in poco tempo. Ci sono anche tecniche per fare la stessa cosa in
12 ore, il sanguinamento è molto lento, ma non per questo è di minore entità.
Bisogna agire in tre minuti.
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