martedì 17 marzo 2020

Coronavirus e democrazia - Articoli di Nadia Urbinati e Piero Ignazi


Si sta facendo sempre più strada in tutti noi la consapevolezza che l’epidemia coronavirus, e le pesanti, ma indispensabili, restrizioni che sono state messe in atto per fronteggiarla, stiano rappresentando una straordinaria, sotto tutti i punti di vista, occasione per riflettere su molti aspetti fondanti le nostre società: Fra i tanti nell’ambito specifico della cultura politica si è aperto un intenso dibattito attorno al tema del rapporto tra situazioni emergenziali e istituti della democrazia. Non serviva di certo il virus covid19 per scoprire le evidente difficoltà di risposta della democrazia, così come si è fin qui concretizzata nel mondo occidentale, alle sfide della globalizzazione economica e delle innovazioni tecnologiche, internet e Intelligenza Artificiale in primis. Ma è altrettanto certo che questa dura messa a prova della solidità delle forme di esercizio pieno della democrazia ha di molto accentuato tali difficoltà, ed in più ha posto nuove domande, nuovi dubbi, nuove ragioni di critica. Da tempo come CircolarMente abbiamo inserito nelle nostre iniziative momenti espressamente dedicati alle problematiche della democrazia e dell’esercizio del potere politico, non potevamo quindi non cogliere questa ulteriore sollecitazione. Iniziamo a farlo con questo post che intende, come prima battuta, “prenderla alla larga”, ma già sapendo che il nocciolo della questione ruota proprio attorno al tema dello “stato di eccezione”, vale a dire una versione della democrazia fortemente modificata e ridotta, giustificata dalla necessità di fronteggiare “situazioni eccezionali”. Il problema ovviamente è capire chi e cosa, al di là della innegabile prepotente irruzione di un virus, può determinare, e sancire, questa eccezionalità. “La prendiamo alla larga”, ma poi neanche tanto, con due articoli, apparsi recentemente, di riflessione sul tema

Democrazia e responsabilità - Ora dipende solo da noi

Articolo di Nadia Urbinati – La Repubblica 12/03/2020

Che ruolo ha la responsabilità individuale nell'efficacia delle norme in una democrazia costituzionale? La domanda è retorica. Perché il ruolo della responsabilità di tutti noi è fondamentale, insostituibile, soprattutto nei casi di emergenza come questo. Ad essa non ci sono scorciatoie. Siamo noi la prima autorità emergenziale. Alcuni possono pensare che le scorciatoie siano più funzionali. Quasi a riconoscere che noi, individualmente, non riusciamo a governarci; che senza la paura della repressione siamo come bambini indisciplinati (così ci descrivono oggi alcuni articoli di giornali americani). In alcuni casi, si può sciaguratamente pensare che sia possibile mettere «un velo sulla legge» come scriveva Montesquieu - questo è il senso dei "poteri straordinari". La condizione emergenziale imposta dal rischio di contagio di massa da coronavirus ci deve far riflettere sulle forme e i limiti del potere d'eccezione nella democrazia costituzionale. E, ancor prima, sul potere e la responsabilità del sovrano democratico, cioè di noi cittadini. Nel dibattito che si è animato sui media e sui social in questo week-end in cui si è registrato un incredibile picco di contagi, fanno capolino due linee interpretative: la desiderabilità del comando centralizzato di uno solo, simile a un governo tecnico-militare; il giudizio positivo sulle misure prese dal governo secondo i poteri che la Costituzione gli dà in momenti di eccezionale gravità. Commenta Andrea Pertici su Facebook che dopo aver gridato giustamente - allo scandalo quando alcuni mesi fa un leader politico si era lasciato sfuggire la richiesta dei "pieni poteri", oggi quella richiesta potrebbe sembrare ad alcuni meno scandalosa. Ma la Costituzione, che non prevede lo "stato di eccezione", non si sospende mai, nemmeno nei casi di emergenza come questo. Lo ha spiegato molto bene Gaetano Azzariti su Repubblica: la Costituzione si applica scrupolosamente proprio in questi casi, anche perché essa assegna al governo il potere e il dovere di agire con tempestività. La legge può prevedere anche un commissario straordinario con lo scopo di perseguire "specifici obiettivi" o per "esigenze temporanee", cioè secondo la deliberazione del governo. Ma abbiamo visto nel caso del terremoto dell'Aquila quanto arbitrario possa essere il potere di un commissario, senza peraltro alcuna certezza che risolva quei problemi "specifici" per i quali è stato istituito. I poteri straordinari generano opacità, mentre il potere ha bisogno di monitoraggio, sempre; creano estrema discrezionalità, mentre le decisioni hanno sempre bisogno dell'occhio vigile dell'opposizione e della stampa. Ma è la complessità di intervento imposto dal contagio di massa a mettere in discussione la razionalità e l'efficacia della semplificazione monocratica. Insomma, non ci sono scorciatoie. Dobbiamo noi cittadini essere in grado di risolvere questo problema. La nostra Carta ci dà tutto quel di cui abbiamo bisogno per restare una democrazia in tempi di emergenza. Quel che non ci dà è il civismo. Ed è questo il vulnus che nessun potere eccezionale può correggere. A noi spetta di correggerlo. La responsabilità di milioni non si può semplicemente imporre solo con la forza; deve poter contare sullo sforzo volontario e quotidiano dei singoli questo lo si capisce proprio da questo week-end durissimo di allegra irresponsabilità. Lo si capisce dalle parole dei medici e operatori sanitari, del presidente della Repubblica, del ministro della Salute: nessuna norma, anche la più severa, può essere efficace senza il volontario impegno di ciascuno e di tutti. Anche questo distingue i nostri sistemi politici da quelli autoritari. E qui sta un banco di prova notevole. Perché la soluzione di questa gravissima crisi ora, prima che il vaccino sia disponibile, non può venire da altri che da noi.


La democrazia alla prova del virus

articolo di Piero Ignazi – La Repubblica 14/03/2020

L'eccezionalità del momento è presente a tutti, e ciascuno deve fare il possibile per evitare il contagio. Allo stesso tempo, però, va ribadito che questa situazione deve essere limitata nel tempo e non prorogabile, in quanto intacca i diritti inalienabili della persona

 I provvedimenti adottati con l'ultimo decreto del presidente del Consiglio costituiscono una limitazione delle libertà fondamentali previste dalla Costituzione? L'interrogativo ripropone l'antica questione del rapporto tra interesse generale e diritti individuali. Che il problema esista non è una ubbia da intellettuali acchiappanuvole che discettano sul sesso degli angeli quando Costantinopoli brucia. Lo ha ricordato lo stesso Giuseppe Conte, pur con il suo linguaggio ellittico, nella conferenza stampa che ha preceduto l'adozione delle ultime misure: va difeso un bene "vitale" come la salute, senza però dimenticare che altri beni sono anch'essi ineludibili, e indispensabili per la "vita", come noi la concepiamo nelle democrazie compiute. La libera circolazione, come i diritti di espressione e organizzazione, sono connaturati a una società democratica. In condizioni particolari, eccezionali, alcune libertà possono essere limitate o coartate per un bene superiore. La nostra Costituzione prevede infatti (articolo 16) che per ordine pubblico o tutela della salute si possa sospendere temporaneamente la libera circolazione delle persone. Solo che quella norma era stata pensata dai nostri costituenti per situazioni circoscritte geograficamente non per l'intera nazione e, tra l'altro, nemmeno adombrata al tempo del terrorismo. Ora, invece, su consiglio degli esperti, la restrizione delle libertà è stata applicata su scala nazionale. Gli scienziati, comprensibilmente, non si occupano di politica e società. Il loro sguardo si posa, alternativamente, sul microscopio e sui malati. Spetta alla classe politica adeguare i loro suggerimenti al contesto socio-politico, perché essa sola è "responsabile" di fronte ai cittadini. I tecnici informano, consigliano, suggeriscono ma non sono legati da alcun vincolo politico con la cittadinanza. La via cinese, invocata e applicata, ha un corollario che gli esperti trascurano: è stata adottata in un sistema totalitario, in cui l'individuo non vale nulla rispetto al potere, e non in uno stato di diritto dove, oltre al bene primario della salute, vanno salvaguardate anche le libertà individuali. Le restrizioni di questi giorni in cui per alcuni - non tutti, per fortuna - andrebbe addirittura negata l'ora d'aria che si concede anche ai carcerati, spingono al limite estremo il potere dello Stato sui cittadini. Questa situazione eccezionale introduce un sottile veleno nel nostro sistema di cui meglio essere coscienti fin d'ora: quello dell'invocazione di uno Stato, forte nonché etico, che veda e provveda per tutti noi. Molti decenni fa il grande intellettuale liberale Ralf Dahrendorf nel suo Quadrare il cerchio (Laterza, 1995) aveva messo in guardia dalla possibile fascinazione del modello Singapore: una dittatura paternalistica dove tutto funzionava a meraviglia, assicurando grande benessere ai suoi cittadini, senza però permettergli alcun dissenso. Del resto perché dissentire se il buon padre di famiglia provvede per tutti? L'eccezionalità del momento è presente a tutti, e ciascuno deve fare il possibile per evitare che il contagio si diffonda. Allo stesso tempo, però, va ribadito che questa situazione deve essere limitata nel tempo e non prorogabile, qualunque cosa succeda, in quanto intacca i diritti inalienabili della persona. Il coprifuoco che ci è imposto, perché di questo si tratta, va messo tra parentesi come evento irripetibile, proprio per evitare che si radichi l'idea di uno Stato che possa limitare la vita democratica per "interessi generali". La debolezza della cultura liberale di questo Paese e il ricordo del passato regime inducono a molta cautela quando si toccano i diritti. A maggior ragione oggi, quando forze politiche culturalmente estranee a quella tradizione, come Lega e Fratelli d'Italia, riscuotono ampi consensi.

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