Non demorde Giorgio
Agamben, anzi raddoppia. Lasciate, almeno in parte, le polemiche più
contingenti, indirizza la sua lettura critica dell’attuale fase pandemica
analizzando le tendenze che, a suo avviso, di più la stanno caratterizzando.
Come sempre le opinioni si prestano ad essere condivise o no, ma di certo
quelle di Agamben, qui presentate in due successivi articoli, impongono un
confronto ed un serio approfondimento
La medicina come religione
Articolo di Giorgio Agamben
– rivista on line “quodlibet” – 02 Maggio
Che la scienza sia diventata
la religione del nostro tempo, ciò in cui gli uomini credono di credere, è
ormai da tempo evidente. Nell’Occidente moderno hanno convissuto e, in certa
misura, ancora convivono tre grandi sistemi di credenze: il cristianesimo, il
capitalismo e la scienza. Nella storia della modernità, queste tre «religioni»
si sono più volte necessariamente incrociate, entrando di volta in volta in
conflitto e poi in vario modo riconciliandosi, fino a raggiungere
progressivamente una sorta di pacifica, articolata convivenza, se non una vera
e propria collaborazione in nome del comune interesse.
Il fatto nuovo è che fra la scienza e le altre due religioni si è riacceso senza che ce ne accorgessimo un conflitto sotterraneo e implacabile, i cui esiti vittoriosi per la scienza sono oggi sotto i nostri occhi e determinano in maniera inaudita tutti gli aspetti della nostra esistenza. Questo conflitto non concerne, come avveniva in passato, la teoria e i principi generali, ma, per così dire, la prassi cultuale. Anche la scienza, infatti, come ogni religione, conosce forme e livelli diversi attraverso i quali organizza e ordina la propria struttura: all’elaborazione di una dogmatica sottile e rigorosa corrisponde nella prassi una sfera cultuale estremamente ampia e capillare che coincide con ciò che chiamiamo tecnologia.
Non sorprende che protagonista di questa nuova guerra di religione sia quella parte della scienza dove la dodmatica è meno rigorosa e più forte l’aspetto pragmatico: la medicina, il cui oggetto immediato è il corpo vivente degli esseri umani. Proviamo a fissare i caratteri essenziali di questa fede vittoriosa con la quale dovremo fare i conti in misura crescente.
Il fatto nuovo è che fra la scienza e le altre due religioni si è riacceso senza che ce ne accorgessimo un conflitto sotterraneo e implacabile, i cui esiti vittoriosi per la scienza sono oggi sotto i nostri occhi e determinano in maniera inaudita tutti gli aspetti della nostra esistenza. Questo conflitto non concerne, come avveniva in passato, la teoria e i principi generali, ma, per così dire, la prassi cultuale. Anche la scienza, infatti, come ogni religione, conosce forme e livelli diversi attraverso i quali organizza e ordina la propria struttura: all’elaborazione di una dogmatica sottile e rigorosa corrisponde nella prassi una sfera cultuale estremamente ampia e capillare che coincide con ciò che chiamiamo tecnologia.
Non sorprende che protagonista di questa nuova guerra di religione sia quella parte della scienza dove la dodmatica è meno rigorosa e più forte l’aspetto pragmatico: la medicina, il cui oggetto immediato è il corpo vivente degli esseri umani. Proviamo a fissare i caratteri essenziali di questa fede vittoriosa con la quale dovremo fare i conti in misura crescente.
1) Il primo
carattere è che la medicina, come il capitalismo, non ha bisogno di una dogmatica
speciale, ma si limita a prendere in prestito dalla biologia i suoi concetti
fondamentali. A differenza della biologia, tuttavia, essa articola questi
concetti in senso gnostico-manicheo, cioè secondo una esasperata opposizione
dualistica. Vi è un dio o un principio maligno, la malattia, appunto, i cui
agenti specifici sono i batteri e i virus, e un dio o un principio benefico,
che non è la salute, ma la guarigione, i cui agenti cultuali sono i medici e la
terapia. Come in ogni fede gnostica, i due principi sono chiaramente separati,
ma nella prassi possono contaminarsi e il principio benefico e il medico che lo
rappresenta possono sbagliare e collaborare inconsapevolmente con il loro
nemico, senza che questo invalidi in alcun modo la realtà del dualismo e la
necessità del culto attraverso cui il principio benefico combatte la sua
battaglia. Ed è significativo che i teologi che devono fissarne la strategia
siano i rappresentanti di una scienza, la virologia, che non ha un luogo
proprio, ma si situa al confine fra la biologia e la medicina.
2) Se questa
pratica cultuale era finora, come ogni liturgia, episodica e limitata nel
tempo, il fenomeno inaspettato a cui stiamo assistendo è che essa è diventata
permanente e onnipervasiva. Non si tratta più di assumere delle medicine o di
sottoporsi quando è necessario a una visita medica o a un intervento
chirurgico: la vita intera degli esseri umani deve diventare in ogni istante il
luogo di una ininterrotta celebrazione cultuale. Il nemico, il virus, è sempre
presente e deve essere combattuto incessantemente e senza possibile tregua.
Anche la religione cristiana conosceva simili tendenze totalitarie, ma esse
riguardavano solo alcuni individui – in particolare i monaci – che sceglievano
di porre la loro intera esistenza sotto l’insegna «pregate incessantemente». La
medicina come religione raccoglie questo precetto paolino e, insieme, lo
rovescia: dove i monaci si riunivano in conventi per pregare insieme, ora il
culto deve essere praticato altrettanto assiduamente, ma mantenendosi separati
e a distanza.
3) La
pratica cultuale non è più libera e volontaria, esposta solo a sanzioni di
ordine spirituale, ma deve essere resa normativamente obbligatoria. La
collusione fra religione e potere profano non è certo un fatto nuovo; del tutto
nuovo è, però, che essa non riguardi più, come avveniva per le eresie, la
professione dei dogmi, ma esclusivamente la celebrazione del culto. Il potere
profano deve vegliare a che la liturgia della religione medica, che coincide
ormai con l’intera vita, sia puntualmente osservata nei fatti. Che si tratti
qui di una pratica cultuale e non di un’esigenza scientifica razionale è
immediatamente evidente. La causa di mortalità di gran lunga più frequente nel
nostro paese sono le malattie cardio-vascolari ed è noto che queste potrebbero
diminuire se si praticasse una forma di vita più sana e se ci si attenesse a
una alimentazione particolare. Ma a nessun medico era mai venuto in mente che
questa forma di vita e di alimentazione, che essi consigliavano ai pazienti,
diventasse oggetto di una normativa giuridica, che decretasse ex lege
che cosa si deve mangiare e come si deve vivere, trasformando l’intera
esistenza in un obbligo sanitario. Proprio questo è stato fatto e, almeno per
ora, la gente ha accettato come se fosse ovvio di rinunciare alla propria
libertà di movimento, al lavoro, alle amicizie, agli amori, alle relazioni
sociali, alle proprie convinzioni religiose e politiche. Si misura qui come le
due altre religioni dell’Occidente, la religione di Cristo e la religione del
denaro, abbiano ceduto il primato, apparentemente senza combattere, alla
medicina e alla scienza. La Chiesa ha rinnegato puramente e semplicemente i
suoi principi, dimenticando che il santo di cui l’attuale pontefice ha preso il
nome abbracciava i lebbrosi, che una delle opere della misericordia era
visitare gli ammalati, che i sacramenti si possono amministrare solo in
presenza. Il capitalismo per parte sua, pur con qualche protesta, ha accettato
perdite di produttività che non aveva mai osato mettere in conto, probabilmente
sperando di trovare più tardi un accordo con la nuova religione, che su questo
punto sembra disposta a transigere.
4) La
religione medica ha raccolto senza riserve dal cristianesimo l’istanza
escatologica che quello aveva lasciato cadere. Già il capitalismo,
secolarizzando il paradigma teologico della salvezza, aveva eliminato l’idea di
una fine dei tempi, sostituendola con uno stato di crisi permanente, senza
redenzione né fine. Krisis è in origine un concetto medico, che
designava nel corpus ippocratico il momento in cui il medico decideva se il
paziente sarebbe sopravvissuto alla malattia. I teologi hanno ripreso il
termine per indicare il Giudizio finale che ha luogo nell’ultimo giorno. Se si
osserva lo stato di eccezione che stiamo vivendo, si direbbe che la religione
medica coniughi insieme la crisi perpetua del capitalismo con l’idea cristiana
di un tempo ultimo, di un eschaton in cui la decisione estrema è sempre
in corso e la fine viene insieme precipitata e dilazionata, nel tentativo
incessante di poterla governare, senza però mai risolverla una volta per tutte.
È la religione di un mondo che si sente alla fine e tuttavia non è in grado,
come il medico ippocratico, di decidere se sopravviverà o morirà.
5) Come il
capitalismo e a differenza del cristianesimo, la religione medica non offre
prospettive di salvezza e di redenzione. Al contrario, la guarigione cui mira
non può essere che provvisoria, dal momento che il Dio malvagio, il virus, non
può essere eliminato una volta per tutte, anzi muta continuamente e assume
sempre nuove forme, presumibilmente più rischiose. L’epidemia, come
l’etimologia del termine suggerisce (demos è in greco il popolo come
corpo politico e polemos epidemios è in Omero il nome della guerra
civile) è innanzi tutto un concetto politico, che si appresta a diventare il
nuovo terreno della politica – o della non-politica – mondiale. È possibile,
anzi, che l’epidemia che stiamo vivendo sia la realizzazione della guerra
civile mondiale che secondo i politologi più attenti ha preso il posto delle
guerre mondiali tradizionali. Tutte le nazioni e tutti i popoli sono ora
durevolmente in guerra con sé stessi, perché il nemico invisibile e
inafferrabile con cui sono in lotta è dentro di noi.
Com’è
avvenuto più volte nel corso della storia, i filosofi dovranno nuovamente
entrare in conflitto con la religione, che non è più il cristianesimo, ma la
scienza o quella parte di essa che ha assunto la forma di una religione. Non so
se torneranno ad accendersi i roghi e dei libri verranno messi all’indice, ma
certo il pensiero di coloro che continuano a cercare la verità e rifiutano la
menzogna dominante sarà, come già sta accadendo sotto i nostri occhi, escluso e
accusato di diffondere notizie (notizie, non idee, poiché la notizia è più
importante della realtà!) false. Come in tutti i momenti di emergenza, vera o
simulata, si vedranno nuovamente gli ignoranti calunniare i filosofi e le
canaglie cercare di trarre profitto dalle sciagure che esse stesse hanno
provocato. Tutto questo è già avvenuto e continuerà a avvenire, ma coloro che
testimoniano per la verità non cesseranno di farlo, perché nessuno può
testimoniare per il testimone.
Biosicurezza
e politica
Articolo di Giorgio Agamben–rivista online “La sinistrainrete” 11 Maggio
Ciò
che colpisce nelle reazioni ai dispositivi di eccezione che sono stati messi in
atto nel nostro paese (e non soltanto in questo) è l’incapacità di osservarli
al di là del contesto immediato in cui sembrano operare. Rari sono coloro che
provano invece, come pure una seria analisi politica imporrebbe di fare, a
interpretarli come sintomi e segni di un esperimento più ampio, in cui è in
gioco un nuovo paradigma di governo degli uomini e delle cose. Già in un libro
pubblicato sette anni fa, che vale ora la pena di rileggere attentamente (Tempêtes
microbiennes, Gallimard 2013), Patrick Zylberman aveva descritto il
processo attraverso il quale la sicurezza sanitaria, finallora rimasta ai
margini dei calcoli politici, stava diventando parte essenziale delle strategie
politiche statuali e internazionali. In questione è nulla di meno che la
creazione di una sorta di “terrore sanitario” come strumento per governare
quello che veniva definito come il worst case scenario, lo scenario del
caso peggiore. È secondo questa logica del peggio che già nel 2005
l’organizzazione mondiale della salute aveva annunciato da “due a 150 milioni
di morti per l’influenza aviaria in arrivo”, suggerendo una strategia politica
che gli stati allora non erano ancora preparati ad accogliere. Zylberman mostra
che il dispositivo che si suggeriva si articolava in tre punti:
1)
costruzione, sulla base di un rischio possibile, di uno scenario fittizio, in
cui i dati vengono presentati in modo da favorire comportamenti che permettono
di governare una situazione estrema;
2)
adozione della logica del peggio come regime di razionalità politica;
3)
l’organizzazione integrale del corpo dei cittadini in modo da rafforzare al
massimo l’adesione alle istituzioni di governo, producendo una sorta di civismo
superlativo in cui gli obblighi imposti vengono presentati come prove di
altruismo e il cittadino non ha più un diritto alla salute (health safety),
ma diventa giuridicamente obbligato alla salute (biosecurity).
Quello che Zylberman descriveva nel 2013 si è oggi puntualmente verificato. È evidente che, al di là della situazione di emergenza legata a un certo virus che potrà in futuro lasciar posto ad un altro, in questione è il disegno di un paradigma di governo la cui efficacia supera di gran lunga quella di tutte le forme di governo che la storia politica dell’occidente abbia finora conosciuto. Se già, nel progressivo decadere delle ideologie e delle fedi politiche, le ragioni di sicurezza avevano permesso di far accettare dai cittadini limitazioni delle libertà che non erano prima disposti ad accettare, la biosicurezza si è dimostrata capace di presentare l’assoluta cessazione di ogni attività politica e di ogni rapporto sociale come la massima forma di partecipazione civica. Si è così potuto assistere al paradosso di organizzazioni di sinistra, tradizionalmente abituate a rivendicare diritti e denunciare violazioni della costituzione, accettare senza riserve limitazioni delle libertà decise con decreti ministeriali privi di ogni legalità e che nemmeno il fascismo aveva mai sognato di poter imporre. È evidente – e le stesse autorità di governo non cessano di ricordarcelo – che il cosiddetto “distanziamento sociale” diventerà il modello della politica che ci aspetta e che (come i rappresentati di una cosiddetta task force, i cui membri si trovano in palese conflitto di interesse con la funzione che dovrebbero esercitare, hanno annunciato) si approfitterà di questo distanziamento per sostituire ovunque i dispositivi tecnologici digitali ai rapporti umani nella loro fisicità, divenuti come tali sospetti di contagio (contagio politico, s’intende). Le lezioni universitarie, come il MIUR ha già raccomandato, si faranno dall’anno prossimo stabilmente on line, non ci si riconoscerà più guardandosi nel volto, che potrà essere coperto da una maschera sanitaria, ma attraverso dispositivi digitali che riconosceranno dati biologici obbligatoriamente prelevati e ogni “assembramento”, che sia fatto per motivi politici o semplicemente di amicizia, continuerà a essere vietato. In questione è un’intera concezione dei destini della società umana in una prospettiva che per molti aspetti sembra aver assunto dalle religioni ormai al loro tramonto l’idea apocalittica di una fine del mondo. Dopo che la politica era stata sostituita dall’economia, ora anche questa per poter governare dovrà essere integrata con il nuovo paradigma di biosicurezza, al quale tutte le altre esigenze dovranno essere sacrificate. È legittimo chiedersi se una tale società potrà ancora definirsi umana o se la perdita dei rapporti sensibili, del volto, dell’amicizia, dell’amore possa essere veramente compensata da una sicurezza sanitaria astratta e presumibilmente del tutto fittizia.
Quello che Zylberman descriveva nel 2013 si è oggi puntualmente verificato. È evidente che, al di là della situazione di emergenza legata a un certo virus che potrà in futuro lasciar posto ad un altro, in questione è il disegno di un paradigma di governo la cui efficacia supera di gran lunga quella di tutte le forme di governo che la storia politica dell’occidente abbia finora conosciuto. Se già, nel progressivo decadere delle ideologie e delle fedi politiche, le ragioni di sicurezza avevano permesso di far accettare dai cittadini limitazioni delle libertà che non erano prima disposti ad accettare, la biosicurezza si è dimostrata capace di presentare l’assoluta cessazione di ogni attività politica e di ogni rapporto sociale come la massima forma di partecipazione civica. Si è così potuto assistere al paradosso di organizzazioni di sinistra, tradizionalmente abituate a rivendicare diritti e denunciare violazioni della costituzione, accettare senza riserve limitazioni delle libertà decise con decreti ministeriali privi di ogni legalità e che nemmeno il fascismo aveva mai sognato di poter imporre. È evidente – e le stesse autorità di governo non cessano di ricordarcelo – che il cosiddetto “distanziamento sociale” diventerà il modello della politica che ci aspetta e che (come i rappresentati di una cosiddetta task force, i cui membri si trovano in palese conflitto di interesse con la funzione che dovrebbero esercitare, hanno annunciato) si approfitterà di questo distanziamento per sostituire ovunque i dispositivi tecnologici digitali ai rapporti umani nella loro fisicità, divenuti come tali sospetti di contagio (contagio politico, s’intende). Le lezioni universitarie, come il MIUR ha già raccomandato, si faranno dall’anno prossimo stabilmente on line, non ci si riconoscerà più guardandosi nel volto, che potrà essere coperto da una maschera sanitaria, ma attraverso dispositivi digitali che riconosceranno dati biologici obbligatoriamente prelevati e ogni “assembramento”, che sia fatto per motivi politici o semplicemente di amicizia, continuerà a essere vietato. In questione è un’intera concezione dei destini della società umana in una prospettiva che per molti aspetti sembra aver assunto dalle religioni ormai al loro tramonto l’idea apocalittica di una fine del mondo. Dopo che la politica era stata sostituita dall’economia, ora anche questa per poter governare dovrà essere integrata con il nuovo paradigma di biosicurezza, al quale tutte le altre esigenze dovranno essere sacrificate. È legittimo chiedersi se una tale società potrà ancora definirsi umana o se la perdita dei rapporti sensibili, del volto, dell’amicizia, dell’amore possa essere veramente compensata da una sicurezza sanitaria astratta e presumibilmente del tutto fittizia.
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