La
parola del mese
A turno si propone una parola, evocativa di pensieri
collegabili ed in grado di aprirsi verso nuove riflessioni
MAGGIO
2020
Non
cercate la parola di questo mese nel dizionario, non potete trovarla per la
semplice ragione che si tratta di un dichiarato neologismo ancora in itinere.
Il suo inventore, Stefano Massini (Scrittore, sceneggiatore,
drammaturgo Consulente Artistico del Piccolo Teatro di Milano, si è guadagnato
una recente fama grazie allo straordinario successo della sua opera “Lehman
trilogy”) immagina infatti che potrà essere consultata nei vocabolari
del 2050. Riportiamo come illustrazione di questo neologismo l’articolo con il
quale Massini l’ha proposto per evidenziare la potenzialità di una svolta
radicale che la pandemia coronavirus potrebbe sollecitare………
COVIDICO
- PRECOVIDICO
Covidico. La nuova era
dell'umanità
Articolo di Stefano Massini (
) – La Repubblica del 20 Aprile
Nell’epoca della cautela, in che modo ricorderemo il periodo storico che
precede il virus? Come il trionfo della follia e della fisicità, il tempo in
cui le cose potevi farle spontaneamente, irresponsabilmente
Caro lettore di Repubblica,
partiamo da una delle rare certezze in nostro possesso: stiamo vivendo la
drammatica Fase 1, cui seguirà una nebulosa Fase 2 e di lì in poi via coi
numeri in progressione. Fino a qui tutti d’accordo. Quello che è sicuro è che,
per matematica linearità, tutto ciò che ci precede finisce per rientrare in una
Fase Zero (in cui il virus debuttava in Cina) e ancor prima in infinite Fasi
col segno meno. Guarda che misera fine ha fatto la nostra antica normalità,
degradata a una scala negativa, d’un tratto lontanissima, quasi preistorica,
cristallizzata in un “mondo che fu e non è più”. Proprio su questo vorrei
riflettere oggi: per una volta sottraiamoci all’ingordigia spasmodica di
proiezioni future e proviamo a voltarci indietro, a quel che ci siamo lasciati
alle spalle. Ci viene detto che domani niente sarà come prima, ed è evidente
che questo non modificherà soltanto i nostri schemi e riti esistenziali, ma
influenzerà radicalmente anche la percezione di come eravamo fino a due mesi
fa. Non è stato ancora coniato un aggettivo che definisca quel mondo sepolto,
per cui lo propongo io, appassionato da sempre di neologismi… il precovidico. Mi sembra già di
vedere il lemma sui dizionari del 2050: PRECOVIDICO – aggettivo qualificativo, derivato da Pre + Covid,
altrimenti detto “antevirale”, indica tutto quel sistema di valori e
consuetudini che caratterizzava l’umanità fino al devastante diffondersi della
pandemia nel 2020. Proviamo allora a servirci subito di questo conio
lessicale, illuminando di nuova luce l’era appena tramontata. Tanto per
iniziare, come verrà definita fra dieci anni la società precovidica? Avanzo
un’ipotesi: «si trattava di una società aperta, illusa di progredire verso un
avvenire di sacrosante libertà individuali, ancora ignara del fatto che la
cosiddetta privacy sarebbe uscita invece in frantumi in nome del controllo
sanitario. La società precovidica avrebbe inorridito all’idea che ognuno fosse
tracciato nei movimenti, spiato nei contatti, sorvegliato dai droni. Figlia di
un profondo senso di onnipotenza morale e tecnologica, l’umanità precovidica
del 2020 fu costretta improvvisamente a contrarre e circoscrivere i termini di
ogni libertà personale come vettore di un rischio collettivo» Azzardiamo un
passo in più, con uno sguardo alla stanza dei bottoni: «sotto il nome di
politica precovidica si fa rientrare l’insieme delle ideologie (e con esse
delle anti-ideologie, ad esse opposte ma connaturate) che regolarono la vita
pubblica nell’occidente industrializzato a cavallo fra il XX e il XXI secolo, e
che videro nel trauma del virus la definitiva conclusione di sigle, modelli,
leader e linguaggi legati all’eredità dell’ultimo dopoguerra». Sul fronte dei
mercati e dell’alta finanza: «si definisce economia precovidica la forma di
capitalismo spregiudicato che – sebbene colpito dalle crisi finanziarie, prima
dei mutui subprime e poi dei debiti sovrani – continuava a imporre ai mercati
globali il diktat di una iper-produttività ad ogni costo, assolutizzando un
decimale di Pil come crisma divino. Drasticamente falcidiata dai lockdown
mondiali, l’economia precovidica ne uscì riconfigurata e per vari aspetti
stravolta soprattutto nel tracollo dei vecchi parametri (i rating,
gli spread) per cui era fino a quel momento assolutizzata». E per chi volesse
un’analisi più rivolta allo spettro interiore: «la profonda incidenza del virus
sulla psicologia rende necessario identificare in una cosiddetta emotività
precovidica lo stato di prevalente agorafobia che colpiva migliaia di persone
prima del febbraio 2020. Ci si inquietava per le sterminate possibilità di
muoversi e interagire in un mondo in cui spostarsi era scontato, e l’ansia si
moltiplicava nell’abbondanza dispersiva di contatti affettivi e lavorativi.
Tutto mutò con la sterzata inattesa che in poco tempo inibì spostamenti,
rapporti e la stessa condivisione dei posti di lavoro, convertendo il disagio
in claustrofobia e panico da solitudine forzata» Dopodiché, visto che ci siamo,
perché ignorare i sentimenti? «Una relazione precovidica – sia d’amicizia che
d’amore – si fondava su premesse totalmente diverse da quelle successive al
virus: quasi del tutto assenti erano le precauzioni verso l’estraneo, le
cautele nel rivolgere la parola a chi ancora non rappresentava un’incognita
biologica. In generale, si definisce precovidico un approccio istintivo,
libero, perfino spericolato, che immediatamente converta un’affinità in
contatto fisico, prescindendo dai danni madornali dell’intimità sregolata». Ma
questa, in fondo, è una caratteristica che immagino sostanziale per ogni
declinazione del mondo precovidico, incentrato com’era sull’assenza di
diaframmi, sulla spudoratezza della fisicità. Pensate alle famose immagini del
Papeete, nell’estate 2019: allora ci colpiva che il titolare del Viminale
ballasse a pochi centimetri da una cubista, attorniato da una folla in bikini e
bermuda, ma oggi la foto appare criminale al di là dei titoli e dei ruoli, per
il fatto stesso di ritrarre un congresso di umane carni. Per questo, temo,
sotto l’etichetta del precovidico finiranno per rientrare tutte quelle
occasioni di pericolosa vicinanza rese inaudite dal nefasto ospite in
circolazione. Precovidica sarà la cultura del condividere qualcosa fianco a
fianco, che sia uno spettacolo, un concerto, un rito religioso o perfino un comizio.
E precovidica sarà forse, in generale, per senso traslato, l’illusione di poter
fare qualcosa con semplicità, senza accreditarsi con un’app, senza munirsi di
moduli, senza mettersi in fila, senza coprirsi viso e mani di stoffa e lattice.
Andando verso un domani complicato, pieno di cautele e di farraginose palle al
piede, è probabile che il precovidico sarà il sospirato tempo in cui le cose
potevi farle spontaneamente, irresponsabilmente, con quel misto di
improvvisazione e sventatezza che fino all’altro ieri incarnava i più autentici
sprazzi del nostro vivere. Punto e a capo.
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