L’articolo di Chiara Saraceno, dedicato ai danni che possono derivare dalla Didattica a Distanza (DaD), che abbiamo ripreso in questo nostro blog, sembra riscuotere unanimi apprezzamenti, al contrario di quanto avvenuto per un suo precedente articolo in cui invitava i suoi coetanei over70 a “restare a casa”, a limitare il più possibile le loro uscite. Nella stessa pagina di La Repubblica che riportava questo articolo già compariva l’accorata replica di Alberto Asor Rosa che evidenziava il rischio, a suo avviso sempre più evidente, di considerare gli anziani una sorta di inutile ingombro, ancor più pesante in tempi di pandemia. Riportiamo qui i due articoli così da consentire ad ognuno di valutare e giudicare. Ci limitiamo in questa introduzione a evidenziare che l’appello della Saraceno ci è sembrato avere il carattere di un “invito”, e non di una “costrizione imposta”, che non nega il diritto a movimenti, come la “passeggiata”, che hanno, come per tutti peraltro, un’importanza fondamentale per gli anziani, e quindi giustamente invocati come sacrosanti da Asor Rosa. Il quale indubbiamente pone questioni molto rilevanti (che, a nostro avviso, vanno ben oltre quello che ci è sembrato essere lo spirito dell’invito della Saraceno per riferirsi di più a ipotesi di restrizioni mirate avanzate in campo politico) che suonano come un condivisibilissimo appello a riflettere sul nostro comune senso di appartenenza comunitaria ed il suo basarsi sul rispetto e la valorizzazione di tutte le fasce di popolazione
"Adesso
tocca a noi Restiamo a casa per i nostri nipoti"
Articolo di Chiara Saraceno – La Repubblica 02 Novembre
“I nostri figli e
nipoti hanno già pagato un prezzo fin troppo alto per questa pandemia. Nella
primavera scorsa sono stati chiusi in casa, hanno fatto lezione a distanza,
hanno rinunciato alla socialità per proteggere noi, gli anziani. Adesso basta.
E la mia generazione che deve fare un passo indietro. Possiamo limitare la
nostra libertà, se questo vuol dire lasciare le scuole aperte e permettere ai
bambini e ai ragazzi di vivere la loro giovinezza”
Chiara
Saraceno, 79 anni, è una delle più famose sociologhe italiane. Oggi fa parte,
anche, di "Alleanza per l'infanzia", think thank di studiosi e
associazioni che promuove, appunto, politiche per le bambine e i bambini, le
ragazze e i ragazzi.
Saraceno,
quindi in caso di lockdown "selettivi" lei sarebbe d'accordo nel
limitare la libertà degli over 70?
“Ho 79 anni,
questi sono forse gli ultimi anni buoni della mia vita, da mesi non vedo se non
virtualmente i miei nipoti, non viaggio più, il peso della poca libertà cui ci
obbliga la pandemia lo sento con forza. Ma di una cosa sono certa: un nuovo
lockdown per i giovanissimi, per i bambini, anche per i più piccoli, sarebbe
una tragedia”.
Molti
anziani si sono, invece, sentiti offesi. Trattati come un peso della società.
Obbligati a rinunciare alla socialità proprio nell'autunno della vita.
“Nessuno nega che
sia dura. Ma se si dovesse fare una scelta, è evidente che dobbiamo cedere il
passo ai giovani. La mancanza della scuola, la clausura domestica hanno già
provocato danni enormi sull'apprendimento, sulla tenuta psicologica degli
adolescenti, sulla serenità dei bambini. Mi dispiace, ma sento molto egoismo da
parte dei miei coetanei. Senza contare che siamo proprio noi, gli over settanta,
i primi bersagli del virus”.
Dunque
limitare i movimenti sarebbe anche una protezione.
“E’ evidente. Il
Covid attacca le persone più fragili. Mi spiego: è una scelta estrema, ma in
fondo giusta. Non è una lotta tra generazioni, è un misura di buon senso”.
Come
immagina queste limitazioni di movimento per gli over settanta?
“Dobbiamo
salvaguardare la possibilità di fare una passeggiata, di camminare nel proprio
quartiere. Però, magari, l'autobus no. La fila al supermercato, no.
L'assembramento dal medico di famiglia, da evitare”
Tanti
anziani però sono soli, queste sono esigenze primarie.
“Infatti, c'è
bisogno di reti di solidarietà. Di chi porta la spesa a casa, di medici a
domicilio, di vicini disponibili, di giovani che si mettano a disposizione dei
più vecchi. Tutte misure che dovrebbero già esistere. Perché adesso siamo in
piena emergenza, ma il nostro Paese da tempo ha abbandonato gli anziani al loro
destino”
Però
il posto sull'autobus meglio lasciarlo ai ragazzi che vanno a scuola?
“Sì, ai nipoti di
quegli anziani che si sentono discriminati se si chiede loro di fare un passo
indietro per qualche mese. Mentre dovrebbero capire che è la cosa giusta e
naturale. Senza tenere conto che il prezzo, in termini cognitivi e psicologici,
già oggi pagato dalle generazioni future durante la pandemia, rischia di
diventare un boomerang per tutta la società”
Non
ci sarà sotto, però, da parte di chi propone di lasciare a casa i vecchi, come
il governatore Toti, l'idea, discriminatoria, che ormai si tratti del ramo
improduttivo della società?
“Ripeto: ho 79 anni
e sono pronta a rimanere a casa, se così salverò il futuro dei miei nipoti. Se
qualcuno pensa che gli anziani siano un ramo secco della società, fa un errore
macroscopico. Gli anziani sono una risorsa straordinaria. Ed è per questo che
bisogna andare oltre l'egoismo, per salvare noi stessi e i nostri ragazzi”
Quindi
la strategia è: nonni a casa e bambini a scuola?
“A malincuore sì,
così dovrebbe essere, fino a che non si esce dall'emergenza. Ma lasciamo le
scuole aperte e proteggiamo la socialità dei bambini. Altrimenti le conseguenze
saranno gravissime”
"Chiuderci dentro ci
ucciderà anziché salvarci"
Articolo di Alberto Asor Rosa – La Repubblica 02 Novembre
“Una misura che va contro ogni regola di buon
senso. Ci si può ammalare di clausura prima ancora che di Covid”. Alberto
Asor Rosa è vigorosamente contrario alla proposta di chiudere a casa gli
ultrasettantenni. Ha appena compiuto 87 anni e non intende rinunciare alla sua
passeggiata quotidiana. “E come se volessero
anticipare la nostra scomparsa dal mondo”. “In gioco è non solo il destino di una generazione - dice il
grande studioso di letteratura - ma il cattivo rapporto con il
passato, cancellato dalla scena perfino nelle chiome bianche”. Perché
è importante uscire di casa?
“La passeggiata può rappresentare un motivo in più per sopravvivere
alla pandemia. Le mie piccole uscite con Marina, la mia compagna, servono per
rimanere dentro un circolo vitale senza il quale l'esistenza diventerebbe
insopportabile. Comprare i cioccolatini in via Cola di Rienzo o spingersi fino
a Castel Sant'Angelo significa continuare a vivere, e non doversi misurare con
la prossimità e l'inevitabilità della propria scomparsa”
Come
se la clausura evocasse la fine dell'esistenza.
“Costringere un vecchio dentro le mura di casa è un modo per
anticiparne la morte. In fondo ti viene imposto quello che ti accadrà quando
uscirai letteralmente di scena: l'allontanamento dal resto del mondo».
Quindi
le appare equivoco questo modo di tutelare i vecchi: li proteggiamo levandoceli
di torno.
“La tentazione di rinchiudere gli ultrasettantenni ha un evidente
retropensiero secondo il quale sono una delle scocciature fondamentali
dell'esistenza contemporanea. Invece di fare in modo che questa fetta della
popolazione sia integrata con il resto della società, li si dichiara
ufficialmente fuori di scena”.
In
questo senso il tweet del governatore Toti è esplicito, anche se poi ha chiesto
scusa: ha definito gli anziani "non indispensabili allo sforzo
produttivo".
“Forse perché non aiutiamo a far avanzare il Pil nazionale? Mi
viene solo da ridere. Se un nostro governante pensa una cosa del genere siamo
nessi molto male.Sotto la pandemia è stata oltrepassata una linea che non
andava superata: il valore della vita non si misura più in assoluto, ma sulla
base degli anni che ci restano da vivere”
Se
muore un vecchio, ce ne facciamo una ragione.
“Ho sempre pensato che il rapporto con gli anziani non possa essere
calibrato sull'aspettativa di vita ma in base alla mole degli affetti e
dell'eredità di pensiero che passa da una classe di età all'altra. L'ho provato
nel rapporto con i miei genitori e con i loro amici. Se per un criterio utilitaristico
viene spezzata questa catena, siamo condannati a una società selvaggia dove la
vita del giovane è costata la vita di un anziano”
Nei
mesi più neri, è accaduto nel Bergamasco: è stato il potere pubblico — non la
deontologia medica — a imporre di togliere l'ossigeno all'anziano per darlo al
giovane.
“Il criterio del medico deve essere orientato a salvare chi sia
nelle condizioni per essere salvato. Ma non possono essere introdotti altri
criteri, perché altrimenti rischieremmo di cadere nell'eugenetica dove la
selezione può avvenire sulla base dell'età o del colore della pelle”
Lei
sostiene che il virus interrompe il rapporto con la memoria. Perché?
“Quel che conta oggi
è vivere, anche a costo di perdere il legame con il passato. Siamo tutti troppo
concentrati a sopravvivere per dare importanza a valori che vadano oltre
questo. E come se l'urgenza biologica avesse schiacciato tutte le altre
ragioni, sociali e culturali”
E
chiudere a casa gli ultrasettantenni è un segno di questo rapporto spezzato?
“Ma certo. In questo modo viene cancellato dalla scena urbana il
passato rappresentato anche fisicamente da alcune generazioni. La chioma bianca
sparisce dall'immaginario collettivo. Se non sei biondo o bruno, non puoi farti
vedere in giro. Mi sembra un segnale inequivocabile”
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