martedì 10 novembre 2020

Over 70 e Covid: Alberto Asor Rosa versus Chiara Saraceno

 

L’articolo di Chiara Saraceno, dedicato ai danni che possono derivare dalla Didattica a Distanza (DaD), che abbiamo ripreso in questo nostro blog, sembra riscuotere unanimi apprezzamenti, al contrario di quanto avvenuto per un suo precedente articolo in cui invitava i suoi coetanei over70 a “restare a casa”, a limitare il più possibile le loro uscite. Nella stessa pagina di La Repubblica che riportava questo articolo già compariva l’accorata replica di Alberto Asor Rosa che evidenziava il rischio, a suo avviso sempre più evidente, di considerare gli anziani una sorta di inutile ingombro, ancor più pesante in tempi di pandemia. Riportiamo qui i due articoli così da consentire ad ognuno di valutare e giudicare. Ci limitiamo in questa introduzione a evidenziare che l’appello della Saraceno ci è sembrato avere il carattere di un “invito”, e non di una “costrizione imposta”, che non nega il diritto a movimenti, come la “passeggiata”, che hanno, come per tutti peraltro, un’importanza fondamentale per gli anziani, e quindi giustamente invocati come sacrosanti da Asor Rosa. Il quale indubbiamente pone questioni molto rilevanti (che, a nostro avviso, vanno ben oltre quello che ci è sembrato essere lo spirito dell’invito della Saraceno per riferirsi di più a ipotesi di restrizioni mirate avanzate in campo politico) che suonano come un condivisibilissimo appello a riflettere sul nostro comune senso di appartenenza comunitaria ed il suo basarsi sul rispetto e la valorizzazione di tutte le fasce di popolazione

"Adesso tocca a noi Restiamo a casa per i nostri nipoti"

Articolo di Chiara Saraceno – La Repubblica 02 Novembre

“I nostri figli e nipoti hanno già pagato un prezzo fin troppo alto per questa pandemia. Nella primavera scorsa sono stati chiusi in casa, hanno fatto lezione a distanza, hanno rinunciato alla socialità per proteggere noi, gli anziani. Adesso basta. E la mia generazione che deve fare un passo indietro. Possiamo limitare la nostra libertà, se questo vuol dire lasciare le scuole aperte e permettere ai bambini e ai ragazzi di vivere la loro giovinezza

Chiara Saraceno, 79 anni, è una delle più famose sociologhe italiane. Oggi fa parte, anche, di "Alleanza per l'infanzia", think thank di studiosi e associazioni che promuove, appunto, politiche per le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi.

Saraceno, quindi in caso di lockdown "selettivi" lei sarebbe d'accordo nel limitare la libertà degli over 70?

Ho 79 anni, questi sono forse gli ultimi anni buoni della mia vita, da mesi non vedo se non virtualmente i miei nipoti, non viaggio più, il peso della poca libertà cui ci obbliga la pandemia lo sento con forza. Ma di una cosa sono certa: un nuovo lockdown per i giovanissimi, per i bambini, anche per i più piccoli, sarebbe una tragedia”.

Molti anziani si sono, invece, sentiti offesi. Trattati come un peso della società. Obbligati a rinunciare alla socialità proprio nell'autunno della vita.

Nessuno nega che sia dura. Ma se si dovesse fare una scelta, è evidente che dobbiamo cedere il passo ai giovani. La mancanza della scuola, la clausura domestica hanno già provocato danni enormi sull'apprendimento, sulla tenuta psicologica degli adolescenti, sulla serenità dei bambini. Mi dispiace, ma sento molto egoismo da parte dei miei coetanei. Senza contare che siamo proprio noi, gli over settanta, i primi bersagli del virus”.

Dunque limitare i movimenti sarebbe anche una protezione.

E’ evidente. Il Covid attacca le persone più fragili. Mi spiego: è una scelta estrema, ma in fondo giusta. Non è una lotta tra generazioni, è un misura di buon senso”.

Come immagina queste limitazioni di movimento per gli over settanta?

Dobbiamo salvaguardare la possibilità di fare una passeggiata, di camminare nel proprio quartiere. Però, magari, l'autobus no. La fila al supermercato, no. L'assembramento dal medico di famiglia, da evitare

Tanti anziani però sono soli, queste sono esigenze primarie.

Infatti, c'è bisogno di reti di solidarietà. Di chi porta la spesa a casa, di medici a domicilio, di vicini disponibili, di giovani che si mettano a disposizione dei più vecchi. Tutte misure che dovrebbero già esistere. Perché adesso siamo in piena emergenza, ma il nostro Paese da tempo ha abbandonato gli anziani al loro destino

Però il posto sull'autobus meglio lasciarlo ai ragazzi che vanno a scuola?

Sì, ai nipoti di quegli anziani che si sentono discriminati se si chiede loro di fare un passo indietro per qualche mese. Mentre dovrebbero capire che è la cosa giusta e naturale. Senza tenere conto che il prezzo, in termini cognitivi e psicologici, già oggi pagato dalle generazioni future durante la pandemia, rischia di diventare un boomerang per tutta la società

Non ci sarà sotto, però, da parte di chi propone di lasciare a casa i vecchi, come il governatore Toti, l'idea, discriminatoria, che ormai si tratti del ramo improduttivo della società?

“Ripeto: ho 79 anni e sono pronta a rimanere a casa, se così salverò il futuro dei miei nipoti. Se qualcuno pensa che gli anziani siano un ramo secco della società, fa un errore macroscopico. Gli anziani sono una risorsa straordinaria. Ed è per questo che bisogna andare oltre l'egoismo, per salvare noi stessi e i nostri ragazzi”

Quindi la strategia è: nonni a casa e bambini a scuola?

A malincuore sì, così dovrebbe essere, fino a che non si esce dall'emergenza. Ma lasciamo le scuole aperte e proteggiamo la socialità dei bambini. Altrimenti le conseguenze saranno gravissime

"Chiuderci dentro ci ucciderà anziché salvarci"

Articolo di Alberto Asor Rosa – La Repubblica 02 Novembre

Una misura che va contro ogni regola di buon senso. Ci si può ammalare di clausura prima ancora che di Covid”. Alberto Asor Rosa è vigorosamente contrario alla proposta di chiudere a casa gli ultrasettantenni. Ha appena compiuto 87 anni e non intende rinunciare alla sua passeggiata quotidiana. “E come se volessero anticipare la nostra scomparsa dal mondo”. “In gioco è non solo il destino di una generazione - dice il grande studioso di letteratura - ma il cattivo rapporto con il passato, cancellato dalla scena perfino nelle chiome bianche”. Perché è importante uscire di casa?

“La passeggiata può rappresentare un motivo in più per sopravvivere alla pandemia. Le mie piccole uscite con Marina, la mia compagna, servono per rimanere dentro un circolo vitale senza il quale l'esistenza diventerebbe insopportabile. Comprare i cioccolatini in via Cola di Rienzo o spingersi fino a Castel Sant'Angelo significa continuare a vivere, e non doversi misurare con la prossimità e l'inevitabilità della propria scomparsa”

Come se la clausura evocasse la fine dell'esistenza.

Costringere un vecchio dentro le mura di casa è un modo per anticiparne la morte. In fondo ti viene imposto quello che ti accadrà quando uscirai letteralmente di scena: l'allontanamento dal resto del mondo».

Quindi le appare equivoco questo modo di tutelare i vecchi: li proteggiamo levandoceli di torno.

“La tentazione di rinchiudere gli ultrasettantenni ha un evidente retropensiero secondo il quale sono una delle scocciature fondamentali dell'esistenza contemporanea. Invece di fare in modo che questa fetta della popolazione sia integrata con il resto della società, li si dichiara ufficialmente fuori di scena”.

In questo senso il tweet del governatore Toti è esplicito, anche se poi ha chiesto scusa: ha definito gli anziani "non indispensabili allo sforzo produttivo".

“Forse perché non aiutiamo a far avanzare il Pil nazionale? Mi viene solo da ridere. Se un nostro governante pensa una cosa del genere siamo nessi molto male.Sotto la pandemia è stata oltrepassata una linea che non andava superata: il valore della vita non si misura più in assoluto, ma sulla base degli anni che ci restano da vivere”

Se muore un vecchio, ce ne facciamo una ragione.

“Ho sempre pensato che il rapporto con gli anziani non possa essere calibrato sull'aspettativa di vita ma in base alla mole degli affetti e dell'eredità di pensiero che passa da una classe di età all'altra. L'ho provato nel rapporto con i miei genitori e con i loro amici. Se per un criterio utilitaristico viene spezzata questa catena, siamo condannati a una società selvaggia dove la vita del giovane è costata la vita di un anziano”

Nei mesi più neri, è accaduto nel Bergamasco: è stato il potere pubblico — non la deontologia medica — a imporre di togliere l'ossigeno all'anziano per darlo al giovane.

“Il criterio del medico deve essere orientato a salvare chi sia nelle condizioni per essere salvato. Ma non possono essere introdotti altri criteri, perché altrimenti rischieremmo di cadere nell'eugenetica dove la selezione può avvenire sulla base dell'età o del colore della pelle”

Lei sostiene che il virus interrompe il rapporto con la memoria. Perché?

“Quel che conta oggi è vivere, anche a costo di perdere il legame con il passato. Siamo tutti troppo concentrati a sopravvivere per dare importanza a valori che vadano oltre questo. E come se l'urgenza biologica avesse schiacciato tutte le altre ragioni, sociali e culturali”

E chiudere a casa gli ultrasettantenni è un segno di questo rapporto spezzato?

“Ma certo. In questo modo viene cancellato dalla scena urbana il passato rappresentato anche fisicamente da alcune generazioni. La chioma bianca sparisce dall'immaginario collettivo. Se non sei biondo o bruno, non puoi farti vedere in giro. Mi sembra un segnale inequivocabile”

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