mercoledì 25 novembre 2020

Questa agricoltura non è verde

 

Questa agricoltura non è verde

Il cibo, compresa tutta la sua filiera agricoltura in primis compresa, era una delle tematiche al centro di una parte del nostro programma di incontri 2019/2020 rimasto purtroppo incompiuto. Il cibo, in senso lato, è stato anche l’argomento di alcuni “Saggi” del mese presentati proprio in funzione di tale programma. Questa nostra attenzione non è però scemata perché resta viva la convinzione che cibo, e agricoltura, rappresentino, al di là della loro importanza specifica, un decisivo punto di sintesi di molte problematiche fra di loro collegate, a partire da quella ambientale. L’impatto rilevante dell’agricoltura, e degli allevamenti intensivi, sul cambiamento ambientale, ed in particolare su quello climatico, è infatti dato accertato. Ci è quindi sembrato utile, proprio per mantenere attiva l’attenzione su tutto ciò, un interessante articolo, che qui riassumiamo in pillole, a firma di Federica Bianchi apparso sull’ultimo numero dell’Espresso del 22 Novembre scorso. Il problema affrontato è come l’Europa Unita stia delineando la politica agricola comunitaria dei prossimi anni per orientarla alla sostenibilità ambientale e le, purtroppo prevedibili, difficoltà a realizzarla a causa delle forti opposizioni delle grandi lobby del settore:

*   L’Europarlamento ed il Consiglio dell’Unione hanno varato ben tre proposte di PAC (Politica Agricola Comunitaria) per il periodo 2023-2030

*   Attualmente queste tre ipotesi sono oggetto di negoziazione tra i 27 paesi membri e l’Europarlamento

*   Lo stesso vicepresidente della Commissione interessata, Frans Timmermans, si è dichiarato pessimista sul fatto che questa travagliata trattativa porti ad una PAC realmente orientata verso una transizione “green”

*   Il peso finanziario di questa PAC è molto rilevante, ben 390 miliardi di euro a fronte, ad esempio, dei 290 previsti per il Recovery Fund, tanto da farla divenire il più grande programma di sempre di sussidi all’agricoltura

*   L’opposizione ad una PAC fortemente orientata verso una maggiore sostenibilità è guidata, come era ampiamente prevedibile visto l’ammontare degli interessi economici in ballo, dalle grandi multinazionali agricole e chimiche, protagoniste della “agricoltura intensiva” degli ultimi decenni

*   Questa industrializzazione della produzione agricola ha già espulso dal mercato un numero impressionante di piccoli produttori, tra il 2003 ed il 2013, in un solo decennio, i contadini europei sono diminuiti di oltre un quarto e sono scomparse 4,2 milioni di aziende agricole di piccole/medie dimensioni

*   Le nazioni che hanno registrato il maggiore calo sono la Polonia, la Romania e l’Italia (600mila aziende agricole in meno)

*   Il risultato è che il 20% delle aziende agricole europee intasca l’80% degli attuali sussidi PAC, che li eroga proprio in relazione all’estensione del terreno e non alla manodopera coinvolta o alle modalità di coltivazione

*   Le conseguenze di queste coltivazioni ed allevamenti intensivi sull’ambiente sono impressionanti. Fra i tanti due dati per testimoniarlo: producono il 17% delle emissioni di gas serra e, dato tutt’altro che secondario, stanno scomparendo, per colpa dell’inquinamento e della distruzione degli habitat naturali, molti animali “impollinatori” cruciali per il buon esito dell’84% dei raccolti (Dati Agenzia Europea per l’Ambiente)

*   La scelta degli indirizzi della nuova PAC deve essere fatta entro quest’anno per consentire la sua successiva traduzione in provvedimenti operativi, è quindi in questa fase che si decide la sua direzione strategica  

*   Fra le tre ipotesi in ballo quella più orientata al cambiamento green prevede che almeno il 40% del bilancio complessivo della nuova PAC sia destinato a finanziare produzioni agricole più ecosostenibili

*   E’ in corso una battaglia, in cui l’Europarlamento sembra essere quello più ostile al cambiamento, per ridurre tale percentuale fino ad un insignificante ed inutile 20%

*   Al contempo è forte anche l’opposizione al fatto che uno dei criteri base per l’elargizione dei sussidi PAC sia quello di premiare il maggior utilizzo di manodopera per mantenere invece ancora centrale quello dell’estensione della superficie coltivata

*   Le lobby, l’italiana Confagricoltura compresa, si muovono infatti all’insegna dello slogan “piccolo non sempre è bello” e del maggior ricorso alla meccanizzazione tecnologica.  La conseguenza sarebbe una ulteriore crescita delle dimensioni medie delle aziende agricole che, per generare adeguati profitti, inevitabilmente punterebbero sulle coltivazioni intensive, quelle più inquinanti

*   Allo stesso modo quindi sono fortemente contestati gli obiettivi di riduzione dei fertilizzanti, dei pesticidi e degli antibiotici, così come quello di incentivare la superficie destinabile a colture biologiche ad alta diversità

*   Lo schieramento politico che si oppone a questa svolta è decisamente trasversale, lo stesso gruppo socialista ne è purtroppo ampiamente coinvolto, ed è, come ancora troppo spesso succede in questa UE, ispirato da logiche ed interessi nazionalistici

*   La sintesi di questa situazione la fornisce Benoit Biteau, agricoltore francese ed europarlamentare verde, quando afferma che “questa PAC è l’ultima chance per l’agricoltura europea e per i contadini, e purtroppo la stiamo perdendo”

Anche se non siamo contadini ma “solo” cittadini, italiani ed europei, giustamente preoccupati per l’incalzare dei problemi ambientali, non possiamo accettare che su una questione così rilevante manchi una adeguata informazione come se fosse materia per soli esperti e addetti ai lavori. E’ invece un tema che riguarda tutti noi, la nostra salute e quella dell’ambiente, ed è quindi indispensabile che le decisioni siano prese alla luce del sole coinvolgendo di più e meglio l’intera opinione pubblica europea.

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